inserito 22/02/2007
Patty Griffin
Children Running Through
[
ATO 2007]

1/2

Disco dopo disco (e comunque centellinandoli: siamo giusto al quinto in undici anni), Patty Griffin è riuscita a guadagnarsi la fedeltà di una fetta di pubblico ormai ben oltre il rango dei cult-followers, e c'è da credere che questo Children Running Through, equilibrato, espressivo e riuscito com'è, altro non farà se non aumentarne ulteriormente le dimensioni. Dacché trattasi in effetti dell'album della definitiva maturità dell'artista, laddove per compimento del processo di maturazione s'intende proprio la misura pressoché perfetta con cui tutti i fermenti in stato di ebollizione nei lavori precedenti si sono ora combinati, così proiettandosi in un linguaggio immediatamente riconoscibile e del tutto personale. L'unico avvertimento che mi sento di elargire all'avventore occasionale è quello di mettersi l'animo in pace circa la presenza di emozioni forti, che nel microcosmo stilistico di Patty Griffin sono volutamente bandite: non ci sono, qui, accelerazioni improvvise, scossoni inaspettati o curve affrontate di proposito a gran velocità. Ci sono però musicisti eccezionali che, accomodandosi nell'eleganza delle harmonies al solito impeccabili di Emmylou Harris, assecondano con sensibilità innata le pulsioni dolci e garbate di una scrittura dove in cui lo spirito descrittivo e la simmetria dei dettagli contano molto di più dell'istinto puro e semplice, sicché il contrabbasso di Glenn Worf regala sfumature jazz all'apertura tenue di You'll Remember, la sei corde di Doug Lancio imperversa in una Getting Ready che sembra un omaggio in formato rockabilly al Dylan degli anni '70, il pianoforte di Ian McLagan e il violino di Jane Scarpantoni costruiscono la più azzeccata delle cornici per il tour de force chiesastico di quella Heavenly Day pochi mesi or sono regalata al Solomon Burke di Nashville. Non è tutto, naturalmente, visto che anche l'errebì bianco della lunga Stay On The Ride, il memorabile country-rock di Trapeze, la struggente radiografia sentimentale di Burgundy Shoes, l'accorato omaggio a Martin Luther King di Up To The Mountain e la solitaria compostezza di I Don't Ever Give Up reclamano un'opportuna citazione. Più che dei singoli brani, tuttavia, preme dar conto dell'atmosfera di squisita armonia che domina in tutto l'album: non si tratterà del capolavoro raccontato da qualcuno (anche perché, con tutto il rispetto e la simpatia, lo spessore "cruciale" di Astral Weeks o I Never Loved A Man The Way I Love You, giusto per menzionare due tra i possibili termini di paragone tirati in ballo dalla fazione degli entusiasti, sembra in ogni caso ancora lontano), ma è senz'altro il disco con cui Patty Griffin, senza rinunciare all'innocenza gioiosa della debuttante, è finalmente riuscita a parlare di sé con tutta l'autorevolezza del classico.
(Gianfranco Callieri)

www.pattygriffin.com


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