inserito
20/04/2007
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Bright
Eyes
Conor Oberst ha deciso
di crescere e dopo le avvisaglie contenute in I'm
Wide Awake It's Morning, disco scrupolosamente dedito a riscoprire
il cuore folk e country del suo songwriting, il nuovo corso inaugurato
da Cassadaga si spinge in una direzione assai più ambiziosa.
È una sorta di summa, che unisce la maturità classica degli ultimi anni
con il debordante estro di un autore che ama esagerare in tutto, spalleggiato
dall'onnipresente Mike Mogis e dalle orchestrazioni di Nate
Walcott. Ancora una volta condannato a dividere, c'è da scommetterci,
a porre ammiratori e detrattori su due sponde radicalmente opposte: da
una parte chi vedrà Cassadaga come la fioritura definitiva del suo talento,
dall'altra chi continuerà a considerare il suo tragitto come un tradimento
rispetto alle tematiche lo-fi degli esordi. I Bright Eyes, perché
oggi più che mai questa creatura musicale è qualcosa che supera il solo
Conor Oberst, sono già passati oltre, con la netta sensazione che l'età
adulta potrebbe persino portare migliori frutti nell'immediato futuro.
Non è infatti un disco esente da critiche Cassadaga, nome preso a prestito
da una comunità spirituale della Florida in cui lo stesso Oberst ha soggiornato
per qualche tempo, opera magniloquente e verbosa, a tratti fin troppo
carica di aspettative, di rimandi, sia nella parte musicale sia in quella
testuale. I deliri di voci e archi dell'iniziale Clairaudients (Kill
or Be Killed) ripetono uno schema già visto, ormai una consuetudine
posta in apertura di ogni nuovo lavoro dei Bright Eyes. Il disco sboccia
propriamente con il singolo Four Winds, una sventagliata di chitarre
e violini che profumano di Irlanda e di un folk rock che davvero non può
non ricordare i Waterboys di Mike Scott. È il volto saggio e nostalgico
di Oberst che esce allo scoperto, la sua comunità di intenti con il grande
fiume della tradizione americana, da Dylan a Gram Parsons, e che si riaffaccia
con intentistà lungo il tragitto, dalla corale If the Brakeman Turns
My Way alla trascinate Soul Singer in a Session Band fino alla
lunga filastroca country rock di I Must Belong Somewhere. Un profluvio
di violini, pedal steel, organi, in cui la partecipazione di M.Ward,
Gillian Welch (seconda voce nella turbinosa Classic Cars)
e David Rawlings - a cui si aggiungono Janet Weiss (Sleater Kinney), John
McEntire (Tortoise), Jason Boesel (Rilo Kiley), Maria Taylor - non è un
caso fortuito, semmai il segnale di una trasformazione risolutiva. Quando
Oberst non si lascia trascinare dalla foga si dischiudono ballate di grande
intensità emotiva (Middleman, No One Would Riot for Less),
altrimenti si rischia di scivolare verso un suono sfarzoso (Make a
Plan to Love Me), caotico (Hot Knives, Coat Check Dream
Song), persino irritante (Cleanse Song) che rende meno fluido
l'incedere di Cassadaga. Il quale lancia comunque una sfida positiva,
ad un passo dalla pienezza. |