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il 02/07/2007 |
![]() Sarah
Borges & The Broken Singles
Con il passaggio
alla Sugar Hill, solitamente più avvezza ad un catalogo di suoni bluegrass e folk,
Sarah Borges trova finalmente un approdo sicuro per la sua musica. Si,
perché credo davvero che questa ragazza di Taunton, provincia del Massachussetts,
meriti un palcoscenico migliore, quello che il suo esordio indipendente non le
permetteva per questioni di mercato e distribuzione. Si era rivelata comunque
una bella sorpresa Silver
City, non c'è dubbio, anche noi ne avevamo tessuto le lodi, ma il nuovo
capitolo in compagnia dei Broken Singles (Binky al basso, Rob
Dulaney alla batteria e lo straripante Mike Castellana alle chitarre
e pedal steel) lo supera e ne amplifica il carattere rock. Cresciuta artisticamente
sulla scena di Boston, uno di quei luoghi un po' magici sulla mappa musicale degli
States (Del Fuegos, Buffalo Tom, Morphine…insomma da queste parti il rock'n'roll
non è mai mancato), la Borges è riuscita definitivamente a scrollarsi di dosso
la fama dell'ennesima scolaretta di Lucinda Williams. Diamonds in the Dark,
ancora una volta prodotto da Paul Kolderie (una leggenda dell'indie rock
americano, ricordiamo solo la sua firma sui dischi degli Uncle Tupelo), è un lavoro
molto più spavaldo, un naturale sviluppo del precedente (Lord Only Knows e
Lonely Town of Love sono episodi figli della stessa matrice compositiva),
ma dotato di una maggiore confidenza con il repertorio e con le interessanti cover
che Sarah Borges si è scelta per l'occasione. Forse vale la pena partire
proprio da queste ultime per far capire come la miscela tra punk rock, rockabilly,
soul e roots music che viene a galla nelle sue canzoni affondi l'ispirazione in
diverse fonti: prendete ad esempio Come Back to Me, brano della sua rock'n'roll
band preferita, come ci tiene a precisare, gli X di Excene Cervenka e John Doe.
Ballata che profuma di soul e sixties, dove la voce squillante, energica di Sarah
può farsi notare in tutta la sua trascinante forza. Subito dopo esce allo scoperto
Stop and Think It Over, presa in prestito da Greg Cartwright (Oblivians
e Reigning Sound): dunque sconfiniamo nel suono garage, anche se la versione dei
Broken Singles profuma di beat lontano un miglio. Non puoi fare a meno di lasciarti
condurre dalla ritmica sbarazzina e dai riff travolgenti delle chitarre (nel disco
ci sono anche quelle di Russell Chudnofsky e dello stesso Paul Q. Kolderie).
False Eyelashes, che la Borges dice di avere rubato dal repertorio di Dolly
Parton, è la concessione più evidente al country: la steel si scioglie letteralmente
e ancora una volta la nostra protagonista mostra di padroneggiare ogni genere
senza perdere in credibilità. Non è ancora in grado forse di assicurare
un disco perfetto dall'inizio alla fine (proprio la Blind Love di Tom Waits
in chiusura sembra più di routine rispetto alle altre cover proposte), ma credo
sia veramente pronta ormai a compiere il salto definitivo. I brani firmati in
prima persona infatti non sono per nulla dei riempitivi: The Day We Met,
uno squillante rock'n'roll ancora imparentato con i 60's; Around 9, bella
lezione di quello che un tempo chiamavamo heartland rock; la scatenata sarabanda
di chitarre di Diablito, dove riesci ad immaginarla accompagnata dai Tito
& the Tarantula; Belle of the Bar, che potrebbe far parte del campionario
di Neko Case. Silver City aveva già contribuito a spargere la voce, Diamonds In
The Dark arriva ad un passo dalla piena maturità: ha carattere Sarah Borges e
soprattutto crede in quello che canta, qualità non indifferente. |