inserito
il 02/11/2007
|
|
Ryan
Bingham
Ci sono abbastanza strade,
motel, deserti, fantasmi e tramonti che affollano le canzoni di Mescalito
per rendersi conto da quale parte sia cresciuto Ryan Bingham: "non
è tanto dove sei stato ragazzo/ è quello che hai conosciuto" scrive
tra le righe della corrusca country song Ghost
of Travelin' Jones e avendo deciso di mettere in bocca
quelle parole a Terry Allen, ospite che benedice l'esordio di questo
vagabondo texano, capite bene come il cerchio si stringa. Mescalito raccoglie
i pezzi di una storia che ha avuto inizio qualche anno fa tra il West
Texas, il New Mexico e il border, sballottando un giovane ragazzo e la
sua famiglia in cerca di fortuna. Pare di trovarsi nel bel mezzo di un
romanzo aggiornato alla modernità di Cormac McCarthy e invece è soltanto
un'altra vicenda di chitarre e salvazione. A diciasette anni Ryan Bingham
ha intuito qualcosa, forse che la vita sulla strada, scelta per inseguire
i genitori e il mito tutto americano dei rodei, non era l'unico modo per
conoscere il mondo e incontrare nuove facce. C'è sempre stato anche il
rock'n'roll come scelta primaria e proprio di questo stiamo parlando:
quattordici canzoni, un'ora abbondante di musica che dovranno anche scontare
qualche inesperienza ed un normale impeto di generosità, ma sono la fotografia
di un talento su cui puntare qualche spicciolo. Venticinque anni e poco
più, Ryan Bingham canta di quello che ha visto e imparato partendo
dal suo ranch fra le contee di Hobbs e Carlsbad, e non fa nulla per nascondere
le sue radici: "quando ero giovane mio papà mi disse figlio/ non vergognarti
mai delle tue origini" dichiara nell'acre roots rock di Hard Times,
e la ruota dell'American music può girare un'altra volta. Il numero fortunato
a questo turno è toccato esattamente a Ryan Bingham: ha un look
vagamente western ed un cappello con una piuma, ma non trattatelo come
il solito troubadour. Il fatto che lo abbiano tenuto a battesimo
personaggi come Terry Allen e Joe Ely, significa soltanto che nella sua
musica c'è una buona dose di eccentricità per allontanarlo dai clichè
del country&western. Quella voce aspra e roca, che tradisce l'età così
giovane, ha mangiato polvere in quantità e ne fa assaggiare un po' di
quel sapore sgradevole anche a noi: occorre una rock'n'roll band con tutti
i crismi, i Living Dead Horses, e magari un produttore e chitarrista
che sappia come spingere sull'acceleratore. Ecco allora che il lavoro
in sede di regia di Marc Ford (ex Black Crowes e Ben Harper band,
oggi solista) aggiunge il collante per tenere insieme Hank Williams e
Neil Young, Stones e Tom Petty, Townes Van Zandt ed ogni altro rinnegato
che vi venga in mente. Al resto ci pensa Ryan Bingham, che pare avere
le idee molto chiare su come far suonare un disco: contano le canzoni
prima di tutto e quando si decide di aprire un disco con i sei minuti
di una epica Southside of Heaven,
sussultando su pigri ritmi country rock, tra un'armonica dolcissima ed
un banjo a piede libero, significa che si ha una bella incoscienza. Una
vera canaglia questo Bingham, che dopo una simile carezza decide di assestare
quando meno te lo aspetti un paio di montanti, tra la pungente aria blues
e le chitarre slide di Marc Ford in The other
Side e Bread and Water,
quest'ultima una convulsa sculacciata southern. Sarà il leit motiv dell'intero
Mescalito, inferno e paradiso, ballate da grandi orizzonti e sferzate
di puro american rock'n'roll: Don't Wait for
Me e Long Way from Georgia
si struggono con passo da autentico storyteller, Sunrise
e For What It's Worth (nulla a a
che vedere con i Buffalo Springfield) acquietano un finale di partita
da folksinger e luci sparse per la prateria, Boracho
Station rispolvera persino un desolato canto in spanish parlando
di deserti e mandrie; ma dall'altra parte del guado attendono i fucili
spianati della citata Hard Times,
il ballonzolare honky tonk di Dollar a Day
e soprattutto una smargiassa rock'n'roll song quale
Take it Easy Mama, che pare un incrocio fra nuovo revival garage
e buon vecchio rock da strada maestra. Un altro santo è arrivato fra noi,
non abità in città però, preferisce mantenersi a piede libero ai confini
della civiltà e vaga lungo il border messicano: ha inciso Mescalito, l'esordio
del 2007. |