inserito 11/10/2006
James Yorkston
The Year Of The Leopard
[Domino/ Self  2006]


Nelle note di copertina James Yorkston ci aiuta a presentarlo facendo un elenco degli artisti che secondo lui hanno più influenzato la sua musica: tra i vari della scena folk inglese figurano anche Jacques Brel, Johnny Cash, Scott Walker, vale a dire l'autorialità trasversale ai generi. In verità per descrivere la musica contenuta in The Year of the Leopard basterebbe citare quel John Martyn che qualche anno fa scoprì Yorkston facendogli aprire qualche suo concerto, giusto per non scomodare come al solito lo spirito di Nick Drake. Quello che abbiamo nel lettore è il terzo album di questo interessante autore scozzese, fine chitarrista acustico cresciuto alla scuola di Bert Jansch e che già con i precedenti due album Moving Up Country e Just Beyond the River si era guadagnato il plauso della stampa specializzata. Apprezzamenti che ovviamente non si sono tradotti in un successo commerciale, nonostante abbia partecipato come open-act a tour di band "à la pàge" come i Turin Brakes, i Divine Comedy o i Lambchop. E probabilmente non sarà nemmeno questo cd a far uscire il suo nome dalla nicchia per appassionati, visto che gli sforzi di ricreare il magico connubio tra tradizione folk e sperimentalismo progressive-jazz (o per farla breve di fare un disco alla "Solid Air") stavolta sono riusciti solo in parte. Fin dall'iniziale Summer Song, con il suo canto etereo quasi in falsetto, l'album ci tiene sospesi in attesa che accada qualcosa che puntualmente non avviene, come se Yorkston amasse lasciare irrisolte le belle idee che popolano queste dieci canzoni. Generalmente quando la sua soffice e sussurrante voce calpesta i prati della tradizione folk l'artista convince come nei brani I Awoke e soprattutto Steady As She Goes, sicuramente l'episodio più immediato e godibile della raccolta. Degna di nota anche The Brussels Rambler, impreziosita da un arrangiamento di fiati in tonalità bassa che rende il racconto davvero suggestivo. Ma a volte la ricerca delle profondità sonore della sua voce lo porta ad essere un po' troppo lezioso, come nella tragicissima Don't Let Me Down o nel pigro talking-folk di Woozy With Cider. Il problema è che nonostante la produzione di Rustin Man (nome d'arte di Paul Webb, noto oltremanica per essere l'uomo che traghettò la musica dei Talk Talk dal pop anni ottanta alle atmosfere dark-folk di Spirit of Eden) sia molto presente e le canzoni presentino arrangiamenti molto curati che prevedono interventi di archi, fiati, tastiere e fisarmoniche, l'esito finale risulta essere troppo piatto e monocorde per suscitare entusiasmo. Pur sperando in qualche soluzione futura che violenti un po' di più le nostre orecchie, The Year of the Leopard resta comunque un valido compagno per serate piovose e solitarie.
(Nicola Gervasini)

www.jamesyorkston.co.uk