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24/07/2006
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Ramblin'
Jack Elliott Se questo 2006 deve essere
l'anno della riscoperta della folk music, a partire ovviamente dal clamoroso
omaggio springsteeniano a Pete Seeger, allora non vi è ragione per non
accogliere con entusiasmo il nuovo corso artistico di Ramblin' Jack
Elliott, immarcescibile rappresentante di un mondo quasi scomparso.
Settantacinque anni, cinquanta e passa di carriera, figura centrale nello
sviluppo del folk revival agli albori dei sessanta, Elliott non poteva
trovare dichiarazione migliore nel titolo di questo suo esordio per la
Anti: I Stand Alone è l'affermazione perentoria del suo
credo musicale, una chitarra e una voce per raccontare l'altra America
con gli occhi di chi ha visto una nazione dalla strada, magari insieme
al vecchio compagno Woodie Guthrie, così come ci racconta nell'accorato
talkin' conclusivo, Woody's last Ride. È una delle cinque canzoni,
come afferma ironicamente egli stesso, che abbia mai scritto di suo pugno
nell'intera carriera, il resto lo ha raccolto cammin facendo. Anche nel
caso di I Stand Alone il repertorio parla da solo: folk, blues, pop, da
Cisco Houston AP Carter e Leadbelly a Hoagie Carmichael, il linguaggio
della tradizione popolare americana è trasversale per Elliott e non conosce
limiti di fronte alla sua voce, oggi più schietta e vivace che mai. Non
è un disco che cambia le carte in tavola e non sconvolge nulla di tutto
ciò che ci ha insegnato in passato, ma suona forse più crudo e sincero
delle ultime fatiche che lo hanno preceduto, tra cui l'ottimo Friends
of Mine, forse perché nelle mura accoglienti della Anti Ramblin' Jack
Elliott ha trovato sensibilità comuni e gente giovane che ha capito la
sua ragione di vita. E così troviamo sporadicamente il basso di Flea,
la batteria di Dj Bonebrake e il dobro di Nels Cline ad
"arricchire" le disquisizioni acustiche del protagonista: nella spiritosa
Driving Nails in My Coffin, nel breve guizzo di Jean Harlow,
nel classico country Remember Me. David Hidalgo dei Los
Lobos presta una impercettibile fisarmonica in Arthritis Blues,
mentre la prezzemolina Lucinda Williams duetta sentitamente in
Careless Darling. Per quel che resta è solo Ramblin' Jack Elliott
a farla da padrone, snocciolando il suo folk asciutto e fori tempo: si
sente perfettamente a suo agio sia con Engine della Carter Family
sia con un estratto originariamente pop come Hong Kong Blues, non
mancando di pescare a piene mani nella terra di nessuno dei traditional,
tra cui il classico Mr. Garfield ed una particolarmente esuberante
Honey, Where You Been So Long? Qualcuno ha persino trovato noioso
I Stand Alone: evidentemente tutto dipende dalla propria disposizione
all'ascolto…questa non è musica accattivante e certo i settantacinque
anni di Elliott stridono tutti nella sua ugola, ma Dio solo sa quanto
sono vere le storie che racconta. |