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il 02/10/2006 |
Bernard
Fanning Lode agli australiani che, a pochi
mesi dalla sua uscita, lo scorso anno, hanno trasformato questo disco strepitoso
in un quadruplo platino, ricordando una volta tanto che qualità e successo possono
ancora andare a braccetto. Non che agli antipodi Bernard Fanning fosse
un perfetto sconosciuto, del resto: dal quartier generale di Brisbane, alla guida
dei Powderfinger, con cinque album (tra cui l'imperdibile, ruggente Vulture Street
di tre anni fa) e un doppio dal vivo dati alle stampe tra il 1994 e il 2003, aveva
già scritto una delle pagine più belle e fortunate dell'ultimo rock aussie, inchiostrate
con un guitar-rock tanto semplice quanto trascinante, tanto schietto e immediato
quanto irresistibile sotto il profilo delle melodie. Registrato ai Real World
Studios di Peter Gabriel con la supervisione del produttore Tchad Blake,
che si è letteralmente superato nell'intelaiare un sound di sublime finezza elettroacustica,
amalgamando con infinita classe ed infinita eleganza scariche elettriche e spunti
tradizionalisti, le sonorità rustiche di mandolini e fisarmoniche con squillanti
efflorescenze pop, Tea & Sympathy è schizzato in vetta alle charts
australiane giusto dieci mesi or sono ma ha ottenuto una distribuzione americana
soltanto adesso, grazie all'interessamento della benemerita Lost Highway. Per
fortuna, vien da dire, altrimenti avremmo rischiato di perdere un bellissimo omaggio,
tra country-rock e folk intimista, alla musica americana degli anni '70, tributato
riprendendo in mano, di volta in volta, il gusto di Stephen Stills per la ballata
chitarristica, la scrittura straordinariamente compiuta e simmetrica del primo
Elton John, la dolcezza introspettiva e la malinconica fierezza di Jackson Browne.
L'iniziale Thrill Is Gone (tutta arpeggi, percussioni morbide e soffi di
fisa) e la conclusiva Watch Over Me, per sola voce e chitarra, sono gli
episodi più spogli e confessionali dell'intera raccolta, eppure non hanno bisogno
di particolari infrastrutture strumentali per intraprendere un rilassante viaggio
nel tempo alla ricerca del passato leggendario di CSN e James Taylor. Altrove,
per esempio nelle rocciose Wish You Well e Which Way Home, l'ingresso
in formazione dei tamburi di Jerry Marotta assicura un sussulto decisivo del coefficiente
di r'n'r senza tuttavia registrare cali di creatività, poiché laddove la prima
sciorina una ritmica groovy degna di Lowell George, la seconda addirittura affronta,
e con naturalezza inalterata!, l'artiglieria pesante dell'anthem stradaiolo. Se
Sleeping Rough, con quel chorus infettivo che è pura mitologia classic-rock
schiaffata sul pentagramma, assomiglia al miglior Rod Stewart, magari rivisitato
in chiave funky e soul, la gracile tenerezza di Songbird o Not Finished
Just Yet rappresenta l'inevitabile omaggio a Neil Young da parte di chi ha
usato una sua canzone per dare una ragione sociale alla propria band. Strangest
Thing, sebbene non resista alla tentazione di sciogliersi in un fantastico
coro da stadio, aggiunge al pentolone anche un pizzico di psichedelia, giusto
un attimo prima che le nostalgiche accordature minori di Further Down The Road
e la torrida catarsi elettrica di Down To The River riportino tutto sulla
strada maestra. Non parlerò, a questo punto, di "rivelazione" o di "sorpresa",
anche perché sarebbe veramente ridicolo farlo a proposito di un tizio in circolazione
ormai da una dozzina d'anni, ma sappiate comunque che nei quarantasei minuti di
Tea & Sympathy ci sono alcune tra le più belle canzoni ascoltate negli ultimi
tempi. |