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inserito
14/10/2005
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Cinque anni di riflessione e i Posies ritornano in pista con un
nuovo lavoro di studio. Al timone ci sono sempre Jonathan Auer e
Ken Stringfellow, la coppia di autori sulla cui infallibile vena
pop si è sempre basata la fortuna di questa band di culto della scena
di Seattle. All'alba degli anni novanta qualcuno inevitabilemente li ha
scambiati con la grande invasione grunge, nonostante gli echi sixties
contenuti in dischi quali Dear 23 o Frosting on the Beater palesavano
un amore sconfinato per le armonie dei Beach Boys, dei Beatles e degli
amatissimi Big Star (Stringfellow formerà infatti con Jody Stephens la
Orange Humble Band). Every Kind of Light riprende il discorso
esattamente dove era stato interrotto, mediando tra la foga elettrica
dei primi lavori e la seconda età del gruppo, più matura e meditata. Il
problema di ogni reunion resta tuttavia la difficoltà di cancellare quella
patina di nostalgia che potrebbe prendere il sopravvento sulle registrazioni:
It's Great To Be Here Again! ci ricorda subito che i Posies sono
vivi e vegeti ed hanno in corpo la giusta voglia di rimettersi in gioco.
La canzone in se stessa è anche una delle più personali e azzardate dell'intero
lavoro: un tappeto di tastiere ed echi funky rock degni di una colonna
sonora degli anni settanta sono condotte per mano da un ottimo gioco di
voci. Purtroppo è solo una vaga indicazione sulla direzione artistica
del disco, che sembra prediligere il passato e la ripetizione di formule
collaudate. Se da un punto di vista testuale Every Kind of Light si presenta
come una riflessione molto amara sullo stato della nazione americana nell'era
Bush, la musica rimedia i luoghi comuni dei Posies. Il power pop viaggia
a vele spiegate sulla melodia agrodolce di Conversations, mostra
i muscoli e rispolvera un guitar rock arcigno in All In A Day's Work
e I Guess You're Right, sfiorando i limiti del linguaggio glam
in I Finally Found A Jungle I Like!. In questa alternanza di umori
il disco accontenta forse i fans più nostalgici, e mette in evidenza il
mestiere della band, ma non sembra aggiungere nulla di significativo alla
loro carriera: Anything & Everything e Last Crawl avanzano
un suono più etereo, con echi sixties e profumi psichedelici, mentre Second
Time Around è ancora una volta un omaggio ai loro esordi. Per scovare
qualche coraggioso tentativo occorre spostarsi sulle dinamiche soul, con
ottimi incastri tra chitarre e organo, di Could He Treat You Better?,
oppure abbandonarsi alle armonie "californiane" di Sweethearts
Of Rodeo Drive, che non ha nulla da spartire con il country rock dei
Byrds, ma si immerge comunque nei sapori di quella lontana stagione musicale.
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