Shooter Jennings - Put the O Back in Country Universal South 2005 1/2
inserito 29/03/2005

C'è una tradizione di famiglia da rispettare e Shooter Jennings, figlio di Waylong Jennings e Jesse Colter, una delle coppie più famose del country fuorilegge degli anni settanta, sembra intenzionato a mantenervi fede. Put the O Back in Country sfoggia una copertina a tema sudista, brutti ceffi, aria trasandata, una birra in mano, gesti che riassumono l'atteggiamento ribelle del giovane musicista. Il disco è infarcito di proclami sulla purezza della country music e dei suoi eroi di un tempo (George Jones compare per pochi secondi con un cameo in coda al singolo 4th of July), lamentando la corruzione pop di Nashville (Solid Country Gold). In realtà il nostro Shooter avrà pure un'anima da bandito, ma conosce già molto bene le regole del business: infatti partirà presto in tour con Toby Keith, uno dei peggiori reazionari dell'estabilishment nashvilliano, alla faccia di quanto appena dichiarato. Tutto questo gioca un po' a suo sfavore, ha il sapore delle iniziative costruite a tavolino, nonostante questo esordio, prodoto da Dave Cobb, rimanga musicalmente un valido prodotto di country rock meticcio e spavaldo, dove le due anime prevalgono a corrente alternata. Figlio dei nostri tempi, Shooter Jennings ha ascoltato infatti parecchio rock'n'roll, e lo ha suonato pure con la sua vecchia band, gli Stargunn. Battendo i club di Los Angeles si è fatto amici nel mondo dell'hard rock più rissoso e dal passato ha appreso la lezione del southern rock più robusto. Ogni tanto si fa ancora tentare dal lato più selvaggio: Steady At the Wheel, così come la più squadrata Daddy's Farm macinano un hard rock virato al blues che in se stesso non fa una piega, ma suona fuori posto nel contesto in larga parte roots del disco. Tutto inizia con la rilettura di Are You Ready for the Country (dal'immortale Harvest di Neil Young), adattata per l'occasione al testo della title track, un brano apripista che smuove subito le acque. 4th of July è un rock'n'roll roboante, modellato per le radio americane, che cattura con malizia, anche se il menù più appetitoso è offerto dagli episodi a tema tradizionale. Qui Jennings mostra di aver studiato alla scuola del padre, regalando la sorniona Lonesome Blues, l'honky tonk di Solid Country Gold, l'acustica (chitarra e dobro) Sweet Savannah, contaminando di umori southern la saltellante Manifesto No.1 (con la steel dell'ospite Eric Heywood) e l'ottima accopiata The Letter e Southern Comfort, due ballate da profondo Sud che, specialmente nel secondo caso, esplodono in un finale travolgente di grande coralità. Lungo queste direttrici Put the O Back in Country non compie una scelta precisa: strizza l'occhio a pubblici diversi, è un disco forse un po' furbo, certamente mainstream, ma anche capace di autentici guizzi (Busted in Baylor County, un elettrico country rock a rotta di collo che gira a pieno ritmo) e robuste inezioni di american music, causa le chitarre al pepe di Leroy Powell e le profusioni di organi e pedal steel
(Fabio Cerbone)

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