John Hiatt - Master of Disaster New West 2005
inserito 20/06/2005

John Hiatt è un grande scrittore di canzoni. Ma quando a ciò che è del suo si aggiunge lo zampino di un vate della produzione cantautorale americana come Jim Dickinson, il magnetismo sprigionato da collaborazioni di tal fatta non può che far drizzare a Sud l'ago della nostra bussola musicale. Uomini che hanno il dono di essere genitori dei North Mississippi All Star oltre che "padri" di un certo tipo di rock in generale, e individui dall'arte non comune come il John in questione, avrebbero dovuto incontrarsi già da un pezzo in questo senso, quand'anche conoscevano da tempo l'uno l'abilità dell'altro. Il sodalizio artistico si rivela invece piuttosto con questo Master Of Disaster, il ventunesimo album per l'artista, da molto esperto a confezionare canzoni e dirigere orchestre con componenti del calibro di Ry Cooder o Sonny Landreth, insieme al deus ex - machina dietro a lavori degli Stones o Aretha Franklin, per citarne alcuni. Master Of Disaster si rivela un disco in cui è molto forte l'influenza di certe sonorità folk e blues, in una fusione elettro-acustica dai toni effettivamente più roots di quanto si possa più spesso immaginare negli umori sudisti di un certo tipo di rock. Del resto poi il tocco si sente, nelle ballate velate di elettricità leggermente sopra le guide, magistralmente condotte alla chitarra elettrica da Luther Dickinson e dal titolare all'acustica a far da contrappunto, con la sua voce dosata nelle asprezze di un'ugola decisamente rock. E la title-track scorre come il nastro d'asfalto di un road-movie, la batteria dell'altro fratello Dickinson Cody a tingere ritmicamente pulita la rock-ballad d'apertura. Gli altri episodi simili di Master si alternano a ombreggiature dixie in limpide melodie country, come Howlin'Down The Cumberland sullo stile della colonna sonora suonata dall'amico Ry Cooder per I Cavalieri Dalle Lunghe Ombre di Walter Hill, o la delicata Old School in chiusura. Thunderbird è una commistione delle sonorità citate coi toni on the border a mo' di Joe Ely, prima che la metà del disco spinga su accenni decisamente più stradaioli, con l'armonica dylaniana di When My Love Crosses Over in chiave alternative-country decisamente più soft - altre sensazioni inframmezzate dall'intimistica Cold River - o più duri e cupi con Love's Not Where We Thought We Left It o Find You At Last. Uno spazio a parte merita l'influsso ragtime per Wintertime Blues e Back On The Corner, o la forte coloritura soul di Ain't Never Goin'Back. L'intervento di musicisti effettivamente capaci rende espressivamente quello che dal punto di vista artistico potrebbe esser frutto di più mani, ma l'inconfondibile songwriting di John Hiatt illumina di nuovo un altro disco che, non certo ai livelli di Bring The Family, è comunque tra le migliori uscite della stagione
(Matteo Fratti)

www.johnhiatt.com