The Decemberists - Picaresque Kill Rock Stars/ Rough Trade 2005 1/2

inserito 29/04/2005

Un'esplosione di colori e toni fiabeschi, una cavalcata epica e a tratti anche un poco enfatica che ribadisce il ruolo unico ricoperto dai Decemberists. Le ballate di Colin Meloy, voce principale di questo progetto e autore quanto mai surreale e pieno di sè, attraversano un confine labile fra tradizione folk, pop, cabaret e soffici melodie british che fanno sembrare la sua band una trasposizione nella provincia americana degli Smiths o se volete una versione più ruspante di Belle & Sebastian. Picaresque prosegue ed anzi amplifica con la produzione di Chris Walla (Death Cab for Cutie), quella ricerca avviata con i precedenti due lavori, in particolar modo in Her Majesty, un viaggio nell'assurdo e nell'immaginifico, dove realtà e fantasia si incrociano attraverso storie strampalate, epopee da marinai, romanzo picaresco, da cui il titolo "donchisciottesco", e sconfitte quotidiane più vicine alla nostra esperienza (il pop guitto di The Sporting Life). D'altronde un disco che si apre con l'impetuosa The Infanta, un autentico wall of sound tra folk rock e passionalità lirica (con finale affidato ad un acuto del tenore Eric Stern), che narra la storia della regina bambina di Spagna, può solo confermare queste sensazioni, amplificate dalla tessitura musicale dell'intero Picaresque. Anche nella voce, morbida e sovente sdolcinata, Meloy non fa nulla per nasciondere i "difetti" del suo songwriting: la strumentazione abbondante, i fiati, gli archi (tra cui il violino di Petra Haden), il pianoforte assicurano toni sfavillanti ad una serie di ballate spesso commoventi, ma sempre a rischio di tediare l'ascoltatore per la loro estenuante lunghezza, che più volte supera i sei-sette minuti di lunghezza. Esempi di questa logorroica, prolissa scrittura sono The Bagman's Gambit, un asciutto brano folk che si apre ad un tuonante finale, On The Bus Mall, pop vellutato e uggioso, tra i brani più british della raccolta, ma sopra di tutte la marcetta mittleuropea, alla maniera di Kurt Weil, di The Mariner's Revenge Song, tra fisarmoniche e strumenti acustici immersi in un ambiente da bettola di porto. La provocazione geniale e un po' vanitosa di Meloy prevede anche queste sorprese, salvo ricordare le sue capacità di folksinger nelle più contenute Eli, The Barrowboy, From My Own True Love e Of Angels and Angles, trovando un mirabile equilibrio fra le sue disprate influenze nel romanticismo di We Both Go Down Together, che ricorda qualcosa dei REM più immalinconiti, e nella solarità pop di 16 Military Wives, sospinta a vele spiegate da una grandiosa sezione fiati. Straripanti, esagerati, persino un po' kitch, i Decemberists lasciano scorrere la fantasia e alternano grandi canzoni a puri divertimenti
(Fabio Cerbone)

www.decemberists.com