Un leggero cambio di rotta nel suono e nell'atteggiamento per i bostoniani
Clem Snide, che giunti ormai al quinto lavoro in studio scelgono
un approccio più vivace e tradizionalista. Con dischi quali The Soft Spot
o Your Favorite Music si erano scomodati alcuni paragoni con le orchestrazioni
folk dei Lambchop o degli Smog. End of Love sembra spostare
il baricentro delle influenze dei Clem Snide, che dalla ricercatezza e
dalla malinconia folk si muovono verso un pop rock d'autore molto frizzante.
Tutto questo è il risultato di due session di produzione tenutesi tra
Nashville e New York: a mettere mano in cabina di regia Mark Nevers
(Lambchop) e Bryce Goggin (Pavement, Phish), i quali, quasi a ricordare
i diversi metodi musicali, lasciano trapelare negli undici brani l'idea
di una perfetta suddivisione del materiale tra dolcezze pop, accenti elettrici
e ballate dall'incedere alternative-country. Per la prima volta l'intera
gamma del songwriting di Eef Barzelay, voce e autore principale
della band, viene catturata su disco, passando dal vigore elettrico della
stessa End Of Love (sembra di sentire i Counting Crows) al delizioso
pop di Fill Me With Your Light. Un lavoro che vive soprattutto
sui contrasti delle liriche, tenere e appasionate, scritte in un difficile
passaggio della vita di Barzelay: la morte per cancro della madre e le
difficoltà economiche del musicista lo hanno portato naturalmente a rifugiarsi
nella scrittura. Questo gioco di luci e ombre si riflette nell'alternanza
fra le melodie elettro-acustiche di The Sound Of German Hip Hop
(titolo assai curioso) e le inflessioni country blues un po' oscure e
tormentate di Something Beautiful, tra la fragilità di alcune filastrocche
folk (Tiny European Cars e Made For TV Movie, quest'ultima
doppiata dalla voce di un bambino) e il country rock ciondolante di Jews
For Jesus Blues o quello straccione, da saloon, della conclusiva Weird.
La presenza di musicisti dell'entourage dei Lambchop, oltre a Nevers è
presente anche Paul Burch (chitarre, vibrafono), influisce senz'altro
sulla tenuta della band: le chitarre di Pete Fitzpatrick assumono
un ruolo più tradizionale, così come il costante utilizzo del pianoforte
accentua la vena nostalgica della voce di Barzelay. La semplicità delle
armonie e l'incastro fra gli strumenti (chitarre, organo e vibrafono)
trova il suo apoce in God Answers Back e When We Become,
alcuni dei momenti più godibili di un disco che nel suo complesso è la
personale legittimazione dei Clem Snide, il loro passaggio verso la completa
maturità.
(Fabio Cerbone)
www.clemsnide.com
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