Sempre
pronto a mettersi in gioco, Vic Chesnutt è un folksinger,
e un mezzo poeta andrebbe aggiunto, dalla natura inquieta, causa probabilmente
una vita che nei suoi confronti non è mai stata molto generosa:
da anni è infatti paralizzato su una sedia a rotelle, in seguito
ad un incidente automobilistico. Il suo continuo girovagare tra studi,
produttori e musicisti differenti, invece di generare confusione e discontinuità,
gli ha permesso di incidere alcuni dei più interessanti esempi
di folk rock americano, con un suono ed una voce riconoscibilissima. Alti
e bassi certamente ne ha avuti anche lui, e qualche volta il totale affidamento
nelle mani degli ospiti lo ha portato alla deriva, vedi il precedente
Silver
Lake. Ghetto Bells fa parte invece a pieno titolo
delle sue opere migliori ed ispirate, un disco di grande profondità
sia nel suono sia nella scrittura, infarcita di riferimenti storici e
geografici, in cui le atmosfere drammatiche e dense del produttore John
Chelew (già al fianco di Richard Thompson e John Hiatt) si
sono accostate alla sua vena malinconica ed epica, degna di una tragedia
greca. Ci sono volute le eteree chitarre di Bill Frisell, l'organo
e la fisarmonica di Van Dyke Parks e la batteria di Don Heffington
per portare a galla la qualità del songwriting di Chesnutt,
oggi più che mai nel pieno della sua maturazione. A cominciare
dalla tensione orchestrale (arrangiamento, guarda caso, nelle mani Van
Dyke Parks) di Virginia, posta in apertura, per proseguire con
il tenebroso folk gotico di Little Caesar. Insomma, dopo le prove
generali di Silver Lake, il salto in casa New West trova finalmente una
forma compiuta nelle tracce di questo Ghetto bells, disco ambizioso come
sono solite svelare le corde dell'autore (la leggera What Do You Men?
e i suoi fluttuanti cori in compagnia di Liz Durrett, oppure la
chiusura "waitsiana" in falsetto di Gnats), ma anche
lavoro dalla prepotente intensità elettrica (Got to Me,
To be With You), in grado di esaltare la voce teatrale, appassionata
di Chesnutt, che raramente ha cantato con questo trasporto. Debitamente
eccentrico come si addice al personaggio, Ghetto Bells coinvolge soprattutto
grazie ai suoi episodi più intimi, nelle fragili ballate, a cavallo
tra tradizione folk, moderna bassa fedeltà e ricami elettrici,
che hanno reso Vic Chesnutt un songwriter apprezzato da una lunga schiera
di colleghi: commoventi Vesuvius e Ignorant People, quest'ultima
segnata dall'irresistibile tappeto creato dalla fisarmonica di Van Dyke
parks; un mezzo capolavoro poi la lunga Forthright, attraversata
dai ricami della sei corde di Frisell, parente stretta dell'altro pezzo
da novanta contenuto nel disco, l'incantata Rambunctious Cloud.
In attesa di un altro scarto dell'autore, Vic Chesnutt ha ripreso ad emozionare
(Fabio Cerbone)
www.vicchesnutt.com
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