Potrebbe tranquillamente vivere di rendita, giocando a fare il virtuoso
dell'armonica, tanto i numeri non mancherebbero. Charlie Musselwhite
entra nella storia; prepara l'ingresso in tempo, almeno dagli anni sessanta,
da quando intuisce che, oltre a seguire i maestri, è utile costruirsi
uno stile personale; più o meno consapevolmente, Charlie è un talento
fuori serie e non è più lo stesso da quando vede Willie Borum suonare
l'armonica sul supporto. La sua storia parte da Koschusko, città del Mississippi
che ne vede i natali nel 1944, passa per Chicago, per lo straordinario
debutto Stand Back (1967), per Big Joe Williams e per un mucchio d'altre
cose. Charlie conosce e suona con il who's who delle dodici battute;
parimenti sembra approfondire oltre modo le possibilità del proprio piccolo
strumento. La discografia è nutrita e lui potrebbe davvero, come dicevamo
all'inizio, giocare a fare la vecchia gloria di Chicago. Invece no, sperimenta
e guarda avanti. Come testimonia un precedente disco per la Pointblank,
Continetal Drifter; come evidenziano le amicizie e le collaborazioni illustri,
esempio Tom Waits, che per i suoi giri notturni ha richiesto l'armonica
di questo signorile maestro. In mezzo sta un incantevole lavoro acustico
e autoprodotto, In The Darkest Hour, che meriterebbe molto spazio. Sanctuary,
realizzato per la Real World di Peter Gabriel, è un crescendo di
emozioni, una musica di commovente rigore, al tempo stesso libera da schemi
prefissati. I brani si susseguono in maniera logica come fossero capitoli
di un romanzo; spaziale e al tempo stesso introspettivo. Magico nei suoi
riflessi gospel; complici i Blind Boys Of Alabama, che sottolineano
con un lungo accordo continuo la straordinaria Train To Nowhere
(che fu dei Savoy Brown), come la raspante e deltaica I Had Trouble,
che interviene alla fine, quasi come per riassumere, per mettere il punto,
dopo la lunare e inquietante The Neighborhood (composta da Charlie
Sexton), la delicatissima Alicia e la più ortodossa Sanctuary;
come se l'artista sentisse il bisogno di tornare a casa per ritemprarsi.
Quasi come Ben Harper, che compone e fornisce la seconda voce per
l'inno Homeless Child. Charlie scrive quasi tutti brani e rilegge
Snake Song di Townes Van Zandt e l'avvincente rock di Shootin'
For The Moon, dalla penna di Sonny Landreth. Un pugno di tracce eccellenti,
tenebrose dagli intensi toni in chiaro scuro; affascinante rappresentazione
di un immaginario artistico. Come se concepite per essere ascoltate le
une accanto alle altre.
Un piccolo capolavoro
(Robert Giuli)
www.charlie-musselwhite.com
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