Questo disco è bellissimo, diciamolo subito. Ma la vera star non è la
pur brava Tift Merritt, bensì il produttore George Drakoulias,
punta di diamante di un trio che lo vede affiancarsi a Rick Rubin e a
Brendan O'Brien (in ordine di merito) nel ruolo d'instancabile cesellatore
del miglior rock made in USA degli ultimi 15 anni. Non che nel precedente
album di Tift, l'ottimo Bramble
Rose di due anni fa, il più giovane Ethan Johns avesse sbagliato
qualcosa; solo, si era limitato ad assecondare gli istinti country della
cantante, realizzando così un debutto che assomigliava più ad un tributo
a Emmylou Harris che non al primo discorso di un'esordiente con delle
novità da comunicare. Drakoulias, al contrario, ha chiesto maggiori sforzi
alla voce di Tift, ne ha spostato il baricentro delle canzoni dal country
a un southern-soul altamente infiammabile e, oltre a occuparsi in prima
persona delle percussioni, ha guidato con mano sicura i musicisti - Mike
Campbell degli Heartbreakers, Neal Casal e Jason Snay
alle chitarre; il basso di Lance Morrison e il drumming di Don
Heffington (da incorniciare); le harmony-vocals di Maria McKee
e del capobanda dei Jayhawks Gary Louris; i fiati dei Texicali
Horns - onde evitare che il lavoro si trasformasse in una fiera di
singole vanità piuttosto che in un compatto contenitore di (grandi) brani.
Il risultato, come già detto, ha del miracoloso. In Tambourine
convivono rock'n'roll, soul downhome, slanci r&b e ballatone country-oriented
senza che un unico suono, un'unica nota, un unico intervento strumentale
appaiano fuori posto. L'atmosfera generale si può accostare a quella sudista
e lighthearted di un classico come Dusty In Memphis (1969), dove Dusty
Springfield prendeva di petto rock e soul, oppure, per volare un po' più
basso (seppur non di molto), al recente I Am Shelby Lynne ('98), in cui
Bill Bottrell letteralmente trasformava, attraverso swing e fiati, i lavori
sino ad allora poco incisivi della sorella maggiore di Alison Moorer.
Difficile, dato che tutto funziona alla grande, citare una traccia a scapito
di un'altra, tuttavia non si può fare a meno di rallegrarsi per una Stray
Paper o una Late Night Pilgrim che non avrebbero sfigurato
sul capolavoro dei Jayhawks Hollywood Town Hall ('92, guarda caso anch'esso
prodotto da Drakoulias), esaltarsi per una Wait It Out degna della
migliore Stevie Nicks (se solo Belladonna avesse ancora la forza e la
voglia di scriversi materiale di siffatta carica), farsi stringere il
cuore dal country-soul di Good Hearted Man, sognare sul rock'n'country
settantesco di Write My Ticket, lasciarsi cullare dalla stupenda
ballata elettrica Laid A Highway oppure danzare col formidabile,
festoso soul di I Am Your Tambourine (col grande Robert Randolph
alla pedal-steel) e della conclusiva Shadow In The Way. E' nata
una stella? Troppo presto per dirlo, ma una volta tanto, sperare non è
reato.
(Gianfranco Callieri)
www.tiftmerritt.com
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