Ci
sono artisti che riescono più di altri ad esprimere nella loro musica la profondità
del paesaggio che li circonda, quasi si trattasse di due fatti indissolubilmente
legati. Nels Andrews è uno di loro, perché nella desolazione delle sue
ballate, in quel suono secco e malinconico, sono racchiuse le visioni desertiche
di Albuquerque, città in cui il giovane songwriter si è trasferito alla fine degli
anni novanta. Prima c'erano stati l'Alaska e il South Dakota, restando fedele
ad un'immagine randagia dello storyteller americano. Nel clima rovente del New
Mexico però Andrews ha trovato la giusta ispirazione per tratteggiare i personaggi
delle sue canzoni e qui ha deciso di fermarsi. Ha avuto ragione, innanzi tutto
perchè Sunday Shoes è un promettente debutto che lo impone tra le
voci nuove dell'altro country, e poi perchè i consensi che è riuscito a smuovere
sulla scena locale lo hanno avvicinato a qualche nome d'esperienza (Handsome Family)
e gli hanno procurato un'esposizione di riguardo presso la critica, compreso il
premio come migliore New Folk artist al prestigioso Kerrville Folk Festival
del 2002. Fin qui le interessanti note biografiche, oltre c'è la sostanza di Sunday
Shoes, un disco dimesso e costruito con materiali poveri, in cui la produzione
dello stesso Andrews con il chitarrista Jeffrey Richards toglie ogni orpello
e arriva dritta al cuore del songwriting. Fanno parte del lato oscuro del movimento
Americana queste folk songs a volte spettrali, altre di una dolcezza infinita
e la presenza di Brett Sparks (accordion) della Handosme Family è una sorta
di investitura. La band, ribatezzata El Paso Eyepatch, è completata dalla preziosa
seconda voce di Michelle Collins, dal basso di Chris Kitchen e dalla
batteria di Heath Dauberman: tutti suonano in punta di dita un folk-rock
pigro come le giornate assolate del deserto (Central Avenue Romance, Milk
and Honey), lambito a volte dal tocco di una pedal steel (David Gutierrez)
o di un mandolino (Jason Daniello). È una voce vera quella di Nels Andrews:
il sapore di manierismo investe forse Weight e Meadowlake, ottime
ballate ma troppo "alternative-country" nei loro clichès, subito riscattate
da una struggente Jesse's Mom, imperniata sul suono di banjo e mandolino.
Non ci sono trucchi, si sussurra in Sunday Shoes eppure raramente si perde la
concentrazione. Non è un compito facile, ma bastano pochi accorgimenti: una inaspettata
tromba (Sarah Kramer) in Lilli Marlene, un'acida chitarra elettrica in
Denim Scarecrow, il tintinnare di uno strumento acustico in Big Oaks
Sky. (Fabio Cerbone)
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