Nels Andrews - Sunday Shoes Nels Andrews 2004 1/2
 

Ci sono artisti che riescono più di altri ad esprimere nella loro musica la profondità del paesaggio che li circonda, quasi si trattasse di due fatti indissolubilmente legati. Nels Andrews è uno di loro, perché nella desolazione delle sue ballate, in quel suono secco e malinconico, sono racchiuse le visioni desertiche di Albuquerque, città in cui il giovane songwriter si è trasferito alla fine degli anni novanta. Prima c'erano stati l'Alaska e il South Dakota, restando fedele ad un'immagine randagia dello storyteller americano. Nel clima rovente del New Mexico però Andrews ha trovato la giusta ispirazione per tratteggiare i personaggi delle sue canzoni e qui ha deciso di fermarsi. Ha avuto ragione, innanzi tutto perchè Sunday Shoes è un promettente debutto che lo impone tra le voci nuove dell'altro country, e poi perchè i consensi che è riuscito a smuovere sulla scena locale lo hanno avvicinato a qualche nome d'esperienza (Handsome Family) e gli hanno procurato un'esposizione di riguardo presso la critica, compreso il premio come migliore New Folk artist al prestigioso Kerrville Folk Festival del 2002. Fin qui le interessanti note biografiche, oltre c'è la sostanza di Sunday Shoes, un disco dimesso e costruito con materiali poveri, in cui la produzione dello stesso Andrews con il chitarrista Jeffrey Richards toglie ogni orpello e arriva dritta al cuore del songwriting. Fanno parte del lato oscuro del movimento Americana queste folk songs a volte spettrali, altre di una dolcezza infinita e la presenza di Brett Sparks (accordion) della Handosme Family è una sorta di investitura. La band, ribatezzata El Paso Eyepatch, è completata dalla preziosa seconda voce di Michelle Collins, dal basso di Chris Kitchen e dalla batteria di Heath Dauberman: tutti suonano in punta di dita un folk-rock pigro come le giornate assolate del deserto (Central Avenue Romance, Milk and Honey), lambito a volte dal tocco di una pedal steel (David Gutierrez) o di un mandolino (Jason Daniello). È una voce vera quella di Nels Andrews: il sapore di manierismo investe forse Weight e Meadowlake, ottime ballate ma troppo "alternative-country" nei loro clichès, subito riscattate da una struggente Jesse's Mom, imperniata sul suono di banjo e mandolino. Non ci sono trucchi, si sussurra in Sunday Shoes eppure raramente si perde la concentrazione. Non è un compito facile, ma bastano pochi accorgimenti: una inaspettata tromba (Sarah Kramer) in Lilli Marlene, un'acida chitarra elettrica in Denim Scarecrow, il tintinnare di uno strumento acustico in Big Oaks Sky.
(Fabio Cerbone)

www.nelsandrews.com