Natalie Merchant - The House Carpenter's Daughter Myth 2003

E' importante cogliere il senso della didascalia posta da Natalie Merchant come sottotitolo al suo The House Carpenter's Daughter: "a collection of traditional & contemporary folk music" bene riassume il principio che ha guidato la cantautrice americana attraverso la rilettura di una lunga e tortuosa tradizione.
Non è la prima volta che ci ritroviamo faccia a faccia con una simile operazione di recupero in chiave prettamente acustica dei fantasmi dell'american music: guarda caso proprio quest'anno abbiamo fatto i conti con la fierezza roots di John Mellencamp, straordinario ribelle rock alle prese con le ombre del passato. Il suo Trouble No More possedeva un afflato ed una ispirazione assolutamente autentiche, assai vicine negli intenti e nei risultati a quelle che oggi riscopriamo nel primo disco indipendente della Merchant per la personale etichetta Myth America. Da prospettive e con sensibilità d'interpretazione evidentemente distanti, le due opere hanno ancora una volta il merito di ribadire la profondità e l'immensa forza della musica popolare americana. L'accostamento è infine rafforzato dalla prospettiva con cui i due artisti hanno affrontato la materia: è inutile tentare di liquidare questi dischi come maliziosi tentativi di cavalcare l'onda lunga del revival roots, perchè anche la Merchant, come il citato Mellencamp, ha avuto l'intuizione di rendere omaggio alla tradizione tutta, vista come un lungo filo rosso che attraversa i tempi. Ecco allora accostarsi l'un l'altro immortali folk songs della memoria collettiva americana come Poor Wayfaring Starnger o il country celestiale di Bury Me Under The Weeping Willow (dal canzoniere della Carter Family) ed episodi più oscuri e appunto "contemporanei" come la splendida Sally Ann in apertura (dal repertorio dei misconosciuti Horseflies) o Crazy Man Michael dei Fairport Convention (il cui spirito folk-rock aleggia un po' su tutto il disco). Guidata da uno stato artistico di grazia (peraltro già ribadito nell'ultimo Motherland), Natalie Merchant piega questi brani al suo volere, prerogativa di tutti i grandi interpreti. Il resto lo ottiene attraverso il contributo dei suoi musicisti (tra gli altri Judy Hyman al violino, Gabriel Gordon alle chitarre e Richie Stearns al banjo), i quali hanno saputo cogliere in queste registrazioni l'anima della grande folk music (che resta unione di passato, presente e futuro in una cosa sola) con una sensibilità nuova e al tempo stesso rispettosa. Gli arrangiamenti elettrici di Which Side Are You On? e Soldier, Soldier (semplicemente un capolavoro), l'oscurità di Diver Boy dettata dal basso di Graham Maby, gli irresistibili profumi irish di Down on Penny's Farm sono il segno tangibile di questo percorso musicale. Il fatto che questo disco, poco pubblicizzato, inizialmente disponibile solo attraverso la rete, abbia superato le settantamila copie vendute è un sonoro schiaffo all'ignoranza in cui versa l'estabilishment discografico di oggi
(Fabio Cerbone)


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