Ancora quattro lunghi anni di purgatorio per un artista che non conosce
la parola fortuna, nonostante un talento infinito: Malcolm Holcombe
è uno di quei rari casi di songwriter per addetti ai lavori. Non
sono risultati sufficienti gli attestati di stima di colleghi come Lucinda
Willaims e le quattro stelle di Rolling Stone (solitamente attento a ben
altra insulsa mercanzia pop) per mantenerlo in carreggiata: A Hundred
Lies, praticamente un mezzo capolavoro, uscì in totale silenzio
nell'estate del '99, licenziato da una Geffen in via di ristrutturazione,
la quale aveva lasciato il disco nel limbo, pronto fin dal lontano '96.
Inutile specificare quale sia stato il destino di un prodotto in cui nessuno
credeva fin da prima della sua pubblicazione. Oggi questo cantautore del
North Carolina immigrato a Nashville riprende il suo passo indipendente:
lo fa accasandosi presso la minuscola Purple Girl Music e riallacciando
i rapporti con Don Tolle, suo primo produttore nell'esordio di
A Far Cry From Here. Il ridimensionamento non si nota affatto, tanto è
vero che Another Wisdom è un sorso di puro folk-rock
come raramente capita di ascoltare. Più elettrico (Woman Missin',
Captured by Paradise) e versatile (la deliziosa ballata bluesy
di Mister in Morgantown, con tanto di clarinetto ad opera di Sam
Levine) del precendente, nelle sue undici perle parla il linguaggio di
uno storyteller forgiato nel segno dei classici: la voce è rauca
e "torbidamente" notturna, mentre il sottofondo predilige i
chiaroscuri di un folk-blues malinconico (Bring The Water on Down)
e avvolto di romanticismo (Love Abides), sorta di magica alchimia
tra Bob Dylan, John Prine (sentitevi la country oriented Marvalene's
Kitchen) e Tom Waits. La poesia marginale di Holcombe si staglia fin
dalle prime note di The Station, riassunto di uno stile inconfodnibile:
i testi, manco a dirlo, mostrano una profondità descrittiva ed
un vena da cavallo di razza. Il lavoro di regia di Don Tolle rasenta la
perfezione: la limpidezza dei suoni e lo schieramento di musicisti poco
noti, ma che sanno cambiare pelle ad un disco (una menzione per Staurt
Duncan al fiddle, Mike Noble, Sam Broussard e George
Marinelli alle chitarre), fanno di Another Wisdom il gioiello cantautorale
di stagione da non lasciarsi sfuggire.
(Fabio Cerbone)
www.subworks.com/mh/
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