Non ama le scorciatoie Bruce Cockburn, nasconde la semplicità
dietro un linguaggio musicale ormai pienamente riconoscibile, unico per
sensibilità e ricerca nel panorama del songwriting contemporaneo.
D'altronde, se trent'anni di carriera e ventisette album alle spalle non
vi sembrano la dimostrazione migliore di una poetica davvero speciale
e un po' visionaria, non si capisce proprio cosa debba ancora dimostrarvi
il nostro protagonista. You've Never Seen Everything è
un disco lungo (forse eccessivamente lungo, settanta minuti non sono facili
da reggere), indubbiamente complesso e dall'approccio scontroso: come
si è anticipato, Cockburn non è mai stato semplice, ma rispetto
al fascino notturno e jazzy di The Charity of Night o alla completezza
d'autore di Breakfast In New Orleans, il nuovo lavoro mostra un volto
assai più ambizioso. In questo senso ribadisce alcune conquiste
musicali del recente passato, come l'insistente ricerca delle ritmiche
oblique (All Our Dark Tomorrows), le influenze world (Tried
and Tested) o certe tipiche ambientazioni soffuse (Open, Celestial
Horses, Messenger Wind), ma ne amplifica anche gli aspetti
meno gradevoli, tra cui un eccessivo lirismo, interminabili suite (proprio
la title-track e Trickle Down) e la pecca a volte di nascondere
grandi melodie in un talkin' un po' noioso (Postcards From Cambodia,
comunque uno degli episodi più interessanti della raccolta). Coadiuvato
come sempre alla produzione dall'amico Colin Linden, Cockburn ha
voluto ribadire l'anima acustica della sua musica, la centralità
della sua chitarra, cercando però sottili ammodernamenti tecnologici
(leggi, qualche timido sample gettato nella mischia) ed arrichendo il
piatto con le comparse di Emmylou Harris e Jackson Browne ai cori. Ininfluenti
in ogni caso sulla struttura di un disco che sta tutto nella sua testa:
ben più sostanziose semmai le presenze di Larry Taylor e
Stephen Hodges, una sezione ritmica che porta la firma di Tom Waits,
o il violino di Hugh Marsch. Tutti inevitabilmente e quasi per
magia piegati al fascino della musica di Cockburn, nonostante questa volta
appaia fin troppo articolata e a tratti pretenziosa
(Fabio Cerbone)
www.brucecockburn.com
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