Calexico - Feast of Wire City Slang/ Labels 2003

Torna la band che meglio di chiunque altra in questi anni ha saputo trasformare la proverbiale wilderness americana, quella selvaggia desolazione del paesaggio statunitense così magistralmente descritta nei romanzi di Cormac McCarthy, in una musica dal fascino estremo. Tucson, l'Arizona, il deserto, il vicino Messico continuano ad essere la principale fonte d'ispirazione anche in Feast of Wire, ma con una varietà di umori ed un suono più "lussuoso" rispetto al passato. Joey Burns e John Convertino sono cresciuti alla scuola Giant Sand, una delle formazioni più visionarie del rock americano degli ultimi vent'anni, e tutta l'esperienza accumulata si sente forte e chiaro nelle sperimentazioni dei Calexico, oggi più che mai punta di diamante del più intelligente rock di frontiera. Musica dal taglio cinematografico in cui i loro trascorsi alternative-rock (No Doze) si piegano al suono country&western (Sunken Waltz), alle colonne sonore di Morricone, alla musica mariachi, persino a timidi inserimenti di elettronica (Attack El Robot! Attack) ed una punta di improvvisazione jazz (Crumble). In Feast of Wire il loro marchio di fabbrica è divenuto ormai una garanzia ma, attenzione, non è sintomo di ripetitività, trovando nuovi stimoli ed un suono ancora più ricco ed eleborato. In questo senso può considerarsi il disco dell'età adulta: meno spigoloso e low-fi del favoloso The Black Light, più compatto dell'ultimo Hot Rail. E' quasi scomparsa quell'attitudine scarna che li caratterizzava agli esordi: Quatro, Black Heart o la stessa festa latina di Across The Wire e Guero Canelo sono brani dalla struttura più complessa, un'esplosione di sonorità ed influenze stratificate che rendono questo disco un altro, l'ennesimo, capolavoro del rock desertico.
Attenzione alla versione cartonata del cd, con tre splendide ghost tracks, tre cover stravolte tra cui spiccano la mexicana Corona e Fallin' Rain (di Link Wray)
(Tommaso Piccoli)

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