Knoxville
Girls In
A Paper Suit
In The Red 2001
Quello che non stancherà mai di sorprendermi del rock'n'roll americano
è la capacità di guardare alla tradizione nei modi più disparati,
generando una serie di approcci che vanno dal puro revival fino all'estremo opposto
di un vero e proprio stravolgimento degli stilemi classici della canzone country
e blues. Le Knoxville Girls (che sono però, a dispetto del
nome, cinque brutti ceffi in pianta stabile nella Grande Mela) si avvicinano tremendamente
al secondo estremo, perchè nel loro terzo lavoro, In A Paper Suit,
fanno un falò di tutti i rami della tradizione bianca e nera della musica
americana, generando un sacrilego disco di puro rock'n'roll deviato ed estremamente
eccitante, che non può non riagganciarsi ai tanti maestri del genere che
li hanno preceduti. D'altronde basta scorgere i nomi dei componenti per rendersi
conto di quale possa essere il prodotto finale: le chitarre di quel pazzo di Kid
Congo Powers (già chitarrista dei Gun Club) e di Jerry Teel
(nel giro Chrome Cranks e Boss Hog) o la batteria nelle mani di
Bob Bert (collaboratore con Sonic Youth e Pussy Galore),
a cui si aggiungono Jack Martin e Barry London, sono una carta d'identità
più che sufficiente a descrivere le scorazzate del gruppo. Lo stesso rozzo,
sbilenco e contaminato rock'n'roll, denso di umori blues e country, che ci ha
fatto innamorare in passato dell'opera dei mai troppo lodati Gun Club,
o dei primi Cramps e più di recente dell'esperienza della Jon
Spencer Blues Explosion e dei Mudhoney di Tomorrow Hit Today.
Un cantato svogliato e un po' claudicante, chitarre d'impronta fifties, sventagliate
di slide e profumi sudisti, organi e piani a fare da sottofondo in abbondanza
ed un costante senso di precarietà sono i tratti distintivi dei migliori
episodi di In A Paper Suit: blues-rock scarnificato, tra il delta di Burnside
e l'elettricità di New York, in Oh baby, what you gonna do now,
That's alright, One last thing, Butcher knife; country-blues
straccione in Baby wedding bell blues e By the lonesome river; tenebrosi
strumentali d'impostazione fifty-rock come 50 feet high, 50 feet down;
ed infine la bellissima rilettura di Neath a cold gray tomb of stone di
Hank Williams. Per chi apprezza l'informalità e l'irriverenza nei confronti
del passato.
www.intheredrecords.com
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