John
Hiatt The
Tiki Bar Is Open
Sanctuary 2001
John Hiatt ha attraversato svariate vite artistiche, e per questo motivo
il suo coraggio musicale è andato ben oltre il semplice ripetersi dei classici
schemi del rock'n'roll americano. Insomma, il coraggio di cambiare e sperimentare
non gli è mai mancato, prova ne sia il ritorno ad un fragoroso disco elettrico
come il qui presente Tiki Bar Is Open, dopo l'acclamato bagno acustico
di Crossing Muddy Waters, opera raccolta ed ispiratissima che segnava
il nuovo sodalizio contrattuale con la prestigiosa Vanguard. Non è la prima
volta che compie un'operazione di questo tipo: penso al dimenticato Walk on, seguito
del rockatissimo Perfectly Good Guitar o, nel senso inverso, lo stesso Crossing
Muddy Waters subito dopo l'incompreso Little Head. Ma la notizia di un rispolvero
dei vecchi compagni d'avventura nel capolavoro Slow Turning (correva
l'anno 1988), i famigerati Goners, poneva l'accento sul possibile ritorno
alla magia di quel disco. Niente di simile, per fortuna, visto che le magie non
si ripetono all'infinito e si corre spesso il rischio di scadere nel ridicolo:
Hiatt è troppo intelligente e fuori dalle logiche del buisness per cercare
una mossa del genere. Ecco perchè la presenza della chitarra di Sonny
Landreth, figura centrale dei Goners, non ripersorre i passi di quel rock
venato di radici sudiste e soul che segnava indelebilmente Slow Turning. Hiatt
sceglie la strada di un rock'n'roll più nervoso e teso (l'apertura da strodimento
di Everybody went low; All the lilacs in Ohio) intervallato da momenti
più bluesy (la stessa title track, tagliata in lungo e in largo dalla slide
di Landreth; I know a place) e da una nutrita presenza di ballate stradaiole,
con gli immancabili risvolti country-soul, che sono un po' il suo marchio di fabbrica
(dal mazzo sceglierei Hangin' round here e l'epica My old Friend).
Apparirà forse un disco sottilmente di maniera questo Tiki Bar Is Open,
certo non tra i suoi capolavori, e sarà anche per questo che la produzione
di Jay Joyce tenta nuove soluzioni con l'inserimento di qualche tastiera
e persino di uno strano esperimento nella conclusiva Farther Stars, ma
la presenza di una manciata di buone canzoni restano comunque a testimoniare la
vitalità dell'autore.
www.johnhiatt.com
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