Merle
Haggard Roots
Vol.1
Anti/ Epitaph 2001
La definizione di "anarchico conservatore" francamente mi è
sempre piaciuta: sarà per la sua apparente contradditorietà,
sarà perchè Merle Haggard la incarna alla perfezione, ma
ogni tanto queste iperboli inventate ad arte da qualche critico particolamente
su di giri, riescono a delineare alla perfezione i confini di certi personaggi.
Il vecchio Merle è un'icona della country music più intrasigente
e verace: fiero delle sue radici, della sua terra, a suo modo conservatore appunto,
ma troppo ribelle (i suoi trascorsi carcerari ne sono una testimonianza) ed indigesto
per i lustrini del mercato nashvilliano. Come Johnny Cash, anche se con una carica
interiore meno accentuata, Haggard sta rivivendo una seconda giovinezza tra le
pieghe del mercato indipendente, proponendosi per quello che è...un robusto
ed indistruttibile ramo della più genuina tradizone bianca americana. Dopo
l'inatteso e consacrato risveglio di If I Could Only Fly, la sua
indovinata accoppiata con la Epitaph prosegue sui binari della riscoperta di un
epoca lontana ed offuscata dal tempo. Roots vol.1 (speriamo presto in un
secondo volume) promette quanto dichiarato nel titolo: queste sono radici ridotte
all'essenza della country music, catturata in un momento di svolta epocale, verso
la fine dei quaranta ed i primi anni cinquanta. Sono soprattutto cover dei suoi
eroi indiscussi della gioventù: la parte del leone la fa Lefty Frizzell
(al disco partecipa attivamente il suo vecchio chitarrista Norman Stephens)
con classici quali If you've got the money e Always late with your kisses,
ma non mancano l'immenso Hank Williams (Honky Tonkin'), l'altro
Hank (Thompson) e qualche brano a firma dello stesso Haggard (la ruvida
Runaway mama). Honky-tonk, western-swing, sound raccolto e casalingo, chitarre
pizzicate, un piano da saloon ed un violino infilato da più parti, tutto
contribuisce a creare un'atmosfera antica e fuori da qualsiasi catalogazione:
un piccolo classico |