John
Gorka The
Company You Keep
Red House 2001
Esiste un consistente universo di songwriters che troppo spesso viene messo
in disparte (e RootsHighway si pone tra i primi colpevoli…), rei di abbracciare
la causa di un folk-rock dalle movenze classiche, forgiato sui grandi insegnamenti
dei mostri sacri del genere, cresciuto sulle ceneri del Village e nel mito
delle coffee houses, e un poco defilato rispetto ai "nostri" eroi di provincia,
questi ultimi rockers dalla pelle dura, più vicini alle radici rurali della grande
America. Ristabilire un po' di giustizia con il nome di John Gorka è doveroso
e salutare, anche perché tutto il giro della Red House (etichetta regina
nel genere) è da considerarsi di prima categoria (pensiamo ad esempio agli ultimi
lavori di Greg Brown e Chuck Brodsky) nella riproposta di certe
sonorità. Con una carriera ed un nome ormai consolidati alle spalle (siamo all'ottava
prova discografica), Gorka resta una delle voci (e che voce signori!) più passionali
e sincere del panorama new folk di questi anni, sempre uguale a se stesso, eppure
ogni volta più maturo e calibrato nelle sue uscite. The Company You Keep
si avvale di un cast stellare (Ani di Franco, Lucy Kaplansky e Mary
Chapin Carpenter tra le voci femminili al seguito), che non serve tanto a
pompare il personaggio, quanto piuttosto a confermare il rispetto e la qualità
della sua musica: semplice, raffinata, scorrevole, in una sola descrizione di
classe. La canzone d'autore ad alti livelli espressivi, questo l'ipotetico slogan
per i quattordici episodi di un disco caldo ed avvolgente, adagiato sulle note
di un folk-rock prevalentemente acustico, asciutto, arricchito a tratti dalle
percussioni e dagli inserti del fiddle, sempre e comunque di una poesia disarmante,
a cominciare dalle iniziali What was that e A saint's complaint.
Un disco che cresce sulla distanza e trova opportunità per deviare dal solito
cliché folk (come in Shape of the world o Over There, brani decisamente
"alla Gorka"), come nel piano boogie di Joint of no return, nei
luminosi colori country di Hank senior moment ed in quelli più rurali di
People of my age o, infine, nelle inflessioni folk-blues di Around the
house, molto dylaniana nel suo incedere.
www.johngorka.com
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