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A.C.
Cotton
"Gonna change my name to cotton and move down to the south" dichiara
Alan Charing, leader della formazione, nella "traditrice"
partenza acustica di Half Way Down, disco di debutto della sua nuova
creatura artistica, gli A.C. Cotton, cruda e serrata rock'n'roll band da
Portland, Oregon, che sorprende non poco per impatto ed energia. Charing aveva
già avviato una carriera solista con due ep ed un disco d'esordio (Seconds
West) alle spalle, che gli avevano procurato l'attenzione della stampa
locale e persino un'inclusione nelle colonne sonore di alcuni serials di Mtv.
A noi francamente di queste ultime notizie poco ci importa; quello che ci preme
sottolineare è invece l'esaltante impasto chitarristico degli A.C. Cotton,
guitar-band nel più classico rock'n'roll style americano, con pochissime
e nascoste inflessioni roots ed una predilezione per valanghe di riffs assassini.
I ragazzi svelano un background punk-rock, addolcito però da ascolti ripetuti
della migliore tradizione stradaiola, leggi Mellencamp, Tom Petty, e nei momenti
più pop azzarderei anche Wallflowers e Gin Blossoms (la stessa title track
o Devil Revisited). Charing scrive liriche accattivanti e soprattutto canta
con grande trasporto, le chitarre sono travolgenti (lo stesso Charing e Brett
Davis) e la ritmica un martello continuo (Todd Corbett e Sean
Oldham), mentre la produzione di Luther Russell (qualcuno si ricorda
dei Freewheelers?) contribuisce a porre il disco su livelli da major. Un disco
granitico questo Half Way Down, con pochissime pause di riflessione (due ballate
"unplugged" ad inizio e fine raccolta e poco più) ed una costante
invasione di chitarre: dalla foga rock'n'roll di A lot of water in partenza,
all'ottima Rusty change, un ipotetico singolo, dall'assalto punk-rock
di Alright for Audrey e Great divide (ricordano gli Old '97) alla
migliore del lotto, la trascinante danza chitarristica di Santiago. Notevole
rivelazione. |