Mark Olson
My Own Jo Ellen
Glitterhouse
2000

1/2


Chi da sempre segue con passione la storia musicale di Mark Olson conosce bene i suoi trascorsi gloriosi nei Jayhawks, paladini di una nuova frontiera del country rock agli inizi dei novanta ed ora instradati su nuovi sentieri che è facile definire mainstream. La sua fragile voce ed il suo songwriting così sensibile alla migliore tradizione della folk music americana, difficilmente avrebbero trovato spazio nella nuova dimensione della sua ex-band. My Own Joe Ellen è il primo lavoro di Mark e dei suoi Original harmony Ridge Creekdippers che riesce a godere di una produzione matura e calibrata, contando sull’appoggio sostanzioso di una indipendente di lusso come la Glitterhouse. Il risultato è che la sua musica guadagna punti alla distanza, ritornando a creare quella magia che si respirava a pieni polmoni in dischi quali Hollywood Town Hall (soprattutto) e Tomorrow The Green Grass (in parte) dei Jayhawks, un folk rock tenue, brillante e sempre molto informale, attraversato da spunti country alla Gram Parsons e qualche impennata rock, mai troppo eccessiva, debitrice del Neil Young più campagnolo. La squadra che lo accompagna è di prima categoria, con l’onnipresente compagna di vita Victoria Williams (occhio al suo disco solista…) ai cori ed alla chiatrra, Don Heffington alla batteria (praticamente un forzato del circuito roots rock) e soprattutto il tocco magico di Greg Leisz in ogni possibile strumento a corda. Con queste credenziali My Own Joe Ellen è indubbiamente il suo disco migliore, il più calibrato ed ispirato, perché non lascia spazio ad inutili riempitivi e si concentra sulla resa complessiva delle canzoni, meno raffazzonate e naif del passato. Magistrale per esempio l’apertura di Someone to talk with, corposa ballata roots rock che mantiene quel carattere inconfondibile della musica di Mark: essere profondamente inserita nel suono dei seventies, senza per questo suonare svogliatamente derivativa. Spunti elettrici younghiani tornano ad affacciarsi in Rainbow of your heart, anche se i colpi arrivano dritti al cuore specialmente nelle ballate più rootsy: magiche e dolcissime le melodie di Linda Lee, Walking Through Nevada (con l’appoggio della voce di Victoria) e commoventi le inflessioni soul di Letter from Africa, in cui aleggia sicuro il fantasma dell’indimenticabile Gram Parsons.