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Lou
Ford Alan Freed's Radio Glitterhouse 2001 1/2 Avevano debuttato due anni fa con un disco, Sad but Familiar, chiaramente debitore nei confronti del classico suono elettrico di Neil Young con i Crazy Horse, arricchendo le proprie canzoni con impasti vocali che ricordavano non poco la lezione dei primi Jayhawks, quasi fossero una versione più acerba e ruspante di quella seminale formazione. Il nuovo lavoro, Alan Freed's radio, questa volta maggiormente visibile, vista la pubblicazione da parte della Glitterhouse, mette in mostra un deciso passo in avanti sia negli arrangiamenti meno raffazzonati (merito anche della produzione di Mark Williams, del giro Whiskeytown), che nella stessa qualità delle canzoni, più varie e ricche di sfumature del passato. Guidati da una coppia di fratelli, Alan e Chad Edwards, che danno un'impronta inconfondibile al sound della band grazie alle loro voci, i Lou Ford mettono a punto un disco che riesce a superare i classici stilemi del suono alternative country, tanto è vero che gli episodi meno interessanti risultano essere proprio alcune marcette country rock, piacevoli quanto si vuole, ma decisamente abusate (Move up to the mountains, Doodle bug o lo strumentale Mexico). Ecco perchè le caratteristiche più intriganti del gruppo vengono alla luce in brani quali l'iniziale Storz' bar, Come on sun, No Mistery o la stessa Alan Freed, una commistione di roots rock e sapori pop di fine sixties, tra i Beatles e i Buffalo Springfield. Altra prova inconfutabile il mood alla Byrds di A mile away o Maybe I, folk rock molto melodico, dove le voci dei fratelli Edwards svolgono un ruolo centrale. Da altre parti ritorna l'ombra dei Crazy Horse ed in generale di un roots rock tutto chitarre e melodia (What've I gotta do, Gone fishin), che non avrà grossi spunti di originalità, ma colpisce per la passione con cui è suonato |