a cura di Gianfranco Callieri (GC), Fabio Cerbone (FC),
Marco Denti (MD), Gabriele Gatto (GG), Nicola Gervasini (NG), Yuri
Susanna (YS), Gianni Zuretti (GZ)
"Non si esce vivi dagli anni
'80": ciclicamente qualcuno torna sempre a ricordarcelo,
quasi si trattasse di un monito, di uno spettro che si aggira per
le cantine del rock'n'roll, a dimostrazione che c'è stato
un momento in cui tutto sembrava agonizzante. La storia, si sa,
rimette insieme i cocci, aiuta a superare qualche smodata distorsione
della realtà, anche perchè il tempo serve proprio
a cancellare i brutti ricordi, e magari a recuperare il perduto,
con più accondiscendenza. E allora dagli "sporchi"
anni Ottanta si ritorna con un sorriso e con l'idea non balzana
che sia accaduto qualcosa di importante, anche e soprattutto per
chi segue le sorti delle radici del rock e di tutto l'immaginario
che vi gira intorno. Ci siamo abituati alla filastrocca che quel
decennio abbia visto crollare la purezza e l'anarchia di chi lo
aveva preceduto - i Settanta dei solitari folksinger, dei rozzi
sudisti, dei rocker da strada e dei poeti urbani, nonchè
dei folli dissacratori del punk - scivolando in una spirale di batterie
sintetiche, capigliature new romatic, tipi da spiaggia, discoteche
alla moda e video a rotazione sulla nuova bibbia del vuoto mediatico,
MTV. Come negarlo: "Video kill the radio stars" e
"I want my MTV" ad ogni ora, ma questa era soltanto
la superficie, nemmeno così degenere alla luce dei suoi sviluppi.
Si, perchè dopo è arrivato il peggio, lo dovreste
sapere, e l'industria discografica ha cominciato a scricchiolare
sul serio, fra divi di plastica e "lookologi" pagati ad
hoc per inventarsi il fenomeno di turno. Il cd d'altronde doveva
fare sfaceli e rimpinguare le cassa, spazzare la polvere dei vinili
e aprire nuove stagioni dorate: oggi sappiamo bene come stanno le
cose, ed è già tanto se il "compact disc"
non finirà in soffitta. L'importante è sapere che
l'onda anomala del rockn'roll era sempre li, nei basements, dietro
l'angolo, in un club stretto e affollato: è sempre andata
così e non dovrebbe cambiare in futuro, se dio vuole. L'underground,
quella bella parola che ogni tanto la critica tira fuori a casaccio,
era pronto allora a guardarsi alle spalle, a fare i bagagli dal
grigiore dei piani alti per riflettere su se stesso, su un passato
da riverniciare, forse per dare un senso al presente mai così
refrattario all'onestà del gesto rock. Già, proprio
allora, in mezzo ai capelli cotonati, alle improbabili calzamaglie
e alle catene più minacciose, il fiume sotterraneo del cosiddetto
post-punk cominciava ad indagare sul percorso storico del rock'n'roll,
un viaggio a ritroso che in fondo troverà il suo naturale
sbocco esattamente nei dieci anni successivi, fra la sconfinata
provincia americana dell'alternative country. Nel
frattempo qualcuno cominciava a parlare di uno strano ibrido chiamato
roots rock e di "nuovo tradizionalismo" (Blasters, Los
Lobos, Steve Earle, Dwight Yoakam...), mentre si bruciavano rock'n'roll
band (Dream Syndicate, Del Fuegos, Long Ryders...) al ritmo di un
batter d'ali: è impressionante infatti scorerre la lista
dei 100 dischi che abbiamo messo in sequenza, scovando esordi
fragorosi e dimenticati dove lo zampino di una grande major (Columbia,
A&M, Warner, MCA, non mancava davvero nessuna) non lo si negava
nemmeno al più reietto dei loser. Dunque si esce vivi e rincuorati
dagli anni '80, ancora di più se si passano in rassegna queste
registrazioni - alte e basse, essenziali e marginali, come già
ribadito per lo speciale
sugli anni '90 - che suoneranno magari datate in alcune
soluzioni sonore, ma mai così intelligenti, naif, coraggiose,
sovente lanciate in un "mordi e fuggi" di cui noi francamente
non ci siamo affatto dimenticati. E allora fuoco alle polveri: ecco
a voi i 100 dischi da Strade Blu 1980-1989. Tutto come sempre
ad uso e consumo dei lettori di RootsHighway, buona lettura.
(Fabio Cerbone)
* un disco a testa
come regola di base, con 3 eccezioni per artisti che abbiamo considerato
troppo importanti per il discorso del "rock delle radici"
da ridurli ad una sola scelta
** nessun intento classificatorio: i dischi
seguono un percorso cronologico dal 1980 al 1989
*** dove è stato possibile, abbiamo indicato sotto ogni recensione
un altro disco dello stesso artista affine per spirito e ispirazione
**** 100 dischi americani (no Uk, Irlanda,
Europa): questa volta però con l'eccezione imprescindibile
di alcuni artisti australiani, a testimonianza di una terra musicale
mai così fertile, che proprio all'epoca usciva allo scoperto
avvicinandosi all'America
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