"Tra
i ragazzi c'è qualcuno/ che conosce il suo profumo" cantava Massimo Bubola nel
1982 di Spezzacuori, e quelle parole ritornano in mente davanti ai suoni,
alla scaletta e alle suggestioni di Negative Capability, titolo
ispirato ai versi di John Keats per il ventunesimo album di Marianne Faithfull,
bellezza un tempo immacolata e oggi donna di settanta e rotti anni senza più niente
da dimostrare a nessuno, anzi sopravvissuta a cancro e fratture, epatite e problemi
nervosi come non si sarebbe previsto potesse accadere. Accanto a lei, uomini fatti
e finiti quali Warren Ellis e Nick Cave, Mark Lanegan o il molto più giovane Ed
Harcourt sembrano, appunto, ragazzi, attirati e al tempo stesso tenuti a distanza
da un timbro vocale modificato dal consumo incontinente di alcolici e cocaina,
da lunghi periodi vissuti senza un tetto sopra la testa, da laringiti e momenti
di coma tanto funesti da stravolgerlo, strappandogli i tratti più angelici e acuti,
per restituirlo in forma di ringhio condizionato da sigarette e dolori.
E
proprio il dolore, per il tempo passato invano o per le scelte sbagliate, per
gli anni buttati via e le amicizie perdute, è il tema di fondo non solo dell'intero
Negative Capability ma della relazione stessa tra la Faithfull e i suoi accoliti,
tutti protagonisti di una collezione di canzoni d'autore asciutte e struggenti,
tradizionali per quanto riguarda la strumentazione utilizzata per eseguirle -
pianoforte, chitarra, basso, batteria, violino, organo, qualche accenno metallico
di glockenspiel e qualche soffio cupo dei synth - eppure senza tempo nel portamento,
nel fraseggio, nella sfacciataggine disperata e sublime con cui si raggela il
Bob Dylan rabbioso di It's All Over Now, Baby Blue in una sinfonia tascabile
di consapevolezza, malinconia e disincanto.
Era già accaduto ai tempi
di Broken English (1979), quando, cosciente di tutti cambiamenti occorsi a scombussolare
le corde vocali e l'aspetto della ragazza che cantava brani folk nei bar di Londra
(ma anche della donna occupata a scrivere Sister Morphine con Mick Jagger
e a rifornirsi di droga con il resto degli Stones), la Faithfull si era reinventata
nei panni della più improbabile e sorprendente delle icone a cavallo tra new-wave
e post-punk, salvo poi modificare di nuovo la rotta con l'onirica e rigorosa eleganza
formale di quello Strange Weather (1987) con cui volle proporsi in forma
d'interprete solenne, cupa e tenebrosa, secondo una nouvelle vague del suo atteggiamento
artistico poi confermata nello spettacolare album dal vivo Blazing Away
(1990): a intervalli irregolari, Marianne Faithfull avverte il bisogno di cambiare
pelle.
Anche questo nuovo lavoro contrassegna una specie di rinascita,
perché una volta acquisita e digerita la superba maturità tradizionalista delle
ultime opere, l'autrice ne ha voluto estremizzare la fisionomia. Semplificandola.
Scarnificandola. Disossandola. Ecco quindi Witches Song,
tratta proprio dal citato Broken English, prosciugata intorno al rintoccare di
un Fender Rhodes, come se Faithfull la cantasse, in un contesto familiare, per
pochi intimi, e accanto a questa il blues notturno e parigino della nichilista
They Come At Night (con i suoi paralleli
tra le atrocità dei nazisti e quelle degli attentatori del Bataclan, un pezzo
non lontano dal Leonard Cohen senza speranza di The Future), la solitudine senza
rimedio di No Moon In Paris, le dediche agli amici Martin Stone e Anita
Pallenberg (entrambi scomparsi), una rivisitazione mozzafiato della storica As
Tears Go By inchiodata all'invecchiamento e alla fatica, un senso di
angoscia e risentimento per le opportunità sprecate che si diffonde anche nei
tre pezzi aggiuntivi dell'immancabile edizione "deluxe" (se potete, quella da
procurarsi), tra i quali una stupefacente, pressoché autobiografica Loneliest
Person (dai Pretty Things di S.F. Sorrow [1968]) riletta con la stessa
gloria fragile e plumbea del Johnny Cash prodotto da Rick Rubin.
Così,
Negative Capability, cullato dalla dolcezza delle sue ballate, finisce
per mostrare non solo un evidente valore intrinseco, sottolineato da arrangiamenti
tanto snelli quanto perfetti, ma anche una travolgente trama simbolica: quella
di Marianne Faithfull, infatti, diventa la rivendicazione canora della propria
nobiltà e della propria storia a dispetto delle ferite inflitte dalla vita. E
se anche tutto è in pezzi, dai cuori alle anime, dal fisico segnato dall'età alla
voce sciupata dagli abusi, in mezzo alle macerie (in mezzo alle canzoni), riescono
a insinuarsi lo stesso un desiderio e una sensualità impossibili da reprimere.