Sturgill Simpson
A Sailor's Guide to Earth
[Atlantic 2016
]

www.sturgillsimpson.com

File Under: cosmicana

di Fabio Cerbone (06/05/2016)

Questa è davvero una giravolta artistica che lascerà un segno: se qualcuno era già pronto a inquadrare Sturgill Simpson come un portabandiera del nuovo country alternativo, quello che ha riportato a Nashville certi profumi outlaw degli anni Settanta, dovrà ricredersi ascoltando l'ambizioso affresco di A Sailor's Guide to Earth. Un disco concepito come una lunga lettera al figlio appena nato, annunciato dal primo singolo Brace for Impact (Live a Little), uno sprone per affrontare il mondo, confessando gli stessi sbagli del padre e sorretto da una colonna sonora che alterna momenti di potenza ad altri di estrema intimità.

Il terzo album dell'autore originario del Kentucky si spinge oltre rispetto al già interessante Metamodern Sounds in Country Music, contaminando la sua musica con arrangiamenti più complessi, con innesti "pesanti" di archi e fiati, curati in parte dalla backing band di Sharon Jones, The Dap-Kings, e strizzando l'occhio al soul della Stax e di Muscle Shoals (sarà solo una suggestione l'uscita per l'Atlantic?), alla canzone pop più raffinata dei 70s e naturalmente al country rock "cosmico" e progressivo di una lontana stagione. Se il precedente suggeriva di voler abbattere certe barriere e consuetudini fra i generi, proiettato verso sonorità e tematiche più "spericolate" per il mondo roots nel quale Simpson era stato imprigionato, l'idea è che A Sailor's Guide to Earth sarà salutato quasi come un "tradimento" dall'ala conservatrice di quel mondo sempre fedele alla tradizione.

Dovendo scegliere un campo e senza sottrarci al giudizio, abbracciamo senza indugi la fazione progressista: c'è ambizione, grandezza e desiderio nella musica di Sturgill Simpson, una voglia di mettersi in discussione come songwriter, che possiamo cogliere fin dalle prime note di Welcome to Earth (Pollywog), una ballata che parte romantica, ispirata dal fantasma dell'Elvis Presley più epico e trasfigura quasi in un altro brano nella seconda parte, con profumi soul sixties, incalzante chiamata e risposta dei fiati, organo a riempire gli spazi. Abbiamo così una fotografia precisa di quello che ci aspetta: gli archi sofisticati e la dolce melodia di Breakers Roar ricordano lo stile affettato di Glen Campbell, Keep It Between the Lines si addentra nel r&b più caldo della tradizione sudista, Sea Stories riprende le fila del suono country rock più elettrico e robusto, infine la cover sorprendente di In Bloom (proprio il brano di Curt Cobain dei Nirvana, a cui Simpson afferma di avere voluto tributare un omaggio, cercando nuovi siginificati per la canzone), che trasmuta in una ballata tra americana ed effluvi di morbida psichedelia, sospinta da un crescendo di archi e pedal steel.

C'è da restare spiazzati e non sarà facile scrollarsi di dosso l'immagine di Sturgill Simpson come novello Waylon Jennings (anche se Oh Sarah, nello stile vocale drammatico, continua a richiamarlo) o discepolo di Merle Haggard, ma oggi il mare in tempesta di A Sailor's Guide to Earth lo fa sballottare in altre direzioni, senza avere paura di perdere la bussola, guidato solo dai suoi obiettivi artistici. La "chiamata alle armi" del finale (Call to Arms), con la scatenata sarabanda dei fiati e le chitarre del collaboratore Laur Joamets a fondere rock'n'roll e rhythm'n'blues sudista è una specie di grido di battaglia, uno sprone a continuare questo percorso di contaminazione.


    


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