Marlon Williams
Marlon Williams
[
Dead Oceans/ Goodfellas
2016]

www.marlonwilliams.co.nz
deadoceans.com

File Under: folksinger drama

di Fabio Cerbone (01/02/2016)

Il nome era apparso di sfuggita, fra gli ultimi strascichi del 2015: qualche rivista temeraria - e ben informata, visto che l'album era disponibile solo per il mercato australiano e neozelandese - segnalava l'omonimo esordio di Marlon Williams tra le sorprese di area folk dell'anno appena passato. La Dead Oceans ci solleva dal difficile compito di ricerca, pubblicando per il mercato intenazionale questo abbagliante debutto del ventiquattrenne di Lyttelton, paesello di tremila anime situato su una baia della South Island. La riedizione è sacrosanta, per una voce che non passerà inosservata, confermando il fiuto dell'etichetta (vedi il più recente Ryley Walker) per talenti fuori del comune. Le ballate di Williams possiedono tutto il dramma e la tensione dei grandi spazi della musica americana, chiaro punto di riferimento nel suo background artistico: le radici scure delle murder ballads, il folk più austero, ma anche la religiosità del gospel e il country fuorilegge, unendo Johnny Cash con Elvis, Nick Cave con Roy Orbison.

Per metà di origini maori, il padre un musicista dilettante, Marlon ha consumato i dischi dei genitori e al tempo stesso ha accolto la tradizione del canto corale nella vicina comunità della Christchurch cathedral. L'educazione classica da una parte (per un periodo il ragazzo tenterà anche degli studi accademici) e il fervore per l'american music più agreste e sudista (The Band e Gram Parsons fra le sue citazioni personali) generano il cortociruito perfetto. Le prime esperienze sono con The Unfaithful Ways, band che si crea attorno un seguito locale, tentando poi la fortuna nella più vasta Australia, Melbourne per la precisione. Seguiranno un paio di collaborazioni con il sonwgriter Delaney Davidson e il ritorno in patria, per registrare questo omonimo esordio, insieme al produttore Ben Edwards e a un piccolo combo di musicisti. Tre la oscure cover prescelte e sei i brani originali, poco più di mezz'ora di musica, ma ogni dettaglio confluisce in maniera naturale, con una personalità sorprendente per l'età.

Marlon Williams appare uomo di saggezza e maturità infinita, descrive i brani come rappresentazioni di singoli caratteri, e racchiude un senso di atemporalità nelle sue interpretazioni che solo certe figure ingombranti e "antiche" del folk sembrano esprimere. La cavalcata western di Hello Miss Lonesome simboleggia bene queste sensazioni: un ritmo incalzante, epico, il vento che spazza la prateria (o quello stesso paesaggio rurale ritratto in copertina) e una ballata che pare uscita da "The Man in Black" in persona o da qualche episodio dimenticato delle Gunfighter Ballads di Marty Robbins. Questo senso di solennità e leggenda pervade buona parte dell'album, mentre il suono della band divide idealmente la raccolta in due facciate, con altrettante sensibilità. Nel primo lato i ritmi si fanno più accesi e accostabili all'Americana: After All, elettrica e spazzata da una melodia sixties nell'intreccio alla Beach Boys delle backing vocals; Dark Child è cadenzata e noir nelle atmosfere, accompagnata anche da un video a tema che ne amplifica gli umori scuri; infine l'apice della drammatica I'm Lost Without You, immersa fra archi e cori che catapultano in piena febbre Roy Orbison/ Elvis presley.

È qui che la vocalità romantica e teatrale - tra Jeff Buckley e Anthony come stelle polari - di Marlon Williams può prendere il sopravvento e dipanarsi in tutta la sua struggente esaltazione. Un "vizio" che il protagonista non abbandona, ma anzi aumenta nella seconda facciata: nel lento vibrare acustico del walzer Strange Things, ancora intessuta con la dolcezza degli archi; nella ripresa del trasparente country di Silent Pasage (dal repertorio dell'oscuro songwriter canadese Bob Carpenter); nel lamento tradizionale di When I Was A Young Girl, già nel repertorio di Nina Simone, ma scoperto, dice lo stesso Marlon, nella versione di Barbara Dane. È una disperata e ardente interpretazione, dove il contrasto fra il personaggio femminile della canzone e la figura maschile di Marlon si annullano. Dopo la "predica" Everyone's Got Something to Say manda tutti a casa con una carezza acustica. Splendida rivelazione.


    


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