File Under:country
crooning di
Fabio Cerbone (01/06/2016)
Dieci
canzoni che ruotano attorno a un preciso periodo storico della canzone country
americana, allor quando Nashville sposava le sofisticazioni del pop e i sentimenti
del soul, erano i primi anni Settanta, e allo stesso tempo veniva travolta dall'iconografia
"outlaw" di rinnegati e banditi di ogni risma. Tempo di capolavori e di musica
dal grande respiro "cosmico", come avrebbe detto la buonanima di Gram Parsons,
e che Introducing Karl Blau rievoca con una sensibilità fuori del
comune. Il merito è da condividere in due: da una parte la voce di Karl Blau,
anima errante dell'indie rock più oscuro e sconclusionato, dall'altra gli arrangiamenti
magistrali architettati da Tucker Martine, produttore apprezzato dal mondo
del nuovo folk americano, Decemberists in prima fila. Il connubio ha del miracoloso
per l'eleganza e l'impasto nostalgico che la coppia imprime a un repertorio di
prima classe, dal Townes Van Zandt di If I Needed You
al Waylon Jennings di Dreaming My Dreams,
fino al Link Wray di Fallin' Rain e passando per i Bee Gess dell'arcinota
To Love Somebody.
Karl Blau è la vera sorpresa: titolare di una
bizzarra produzione a bassa fedeltà, svariate decine di album e singoli a partire
dalla fine degli anni Novanta, è la quintessenza del musicista indipendente. Magmatico,
strampalato nel mischiare i generi, messaggero dalla sconosciuta provincia americana
(Anacortes, stato di Washington…qualcuno ha idea di che posto sia?) e infine collaboratore
nei progetti Mount Eerie, Earth e strumentista aggiunto nella band di Laura Veirs.
Proprio attraverso quest'ultima amicizia è scattato l'incontro della vita con
Tucker Martine, produttore di Laura, stregato dalla voce di Blau. Galeotta fu
l'interpretazione del classico That's How I Got to Memphis
di Tom T. Hall, a cui giustamente è concesso l'onore di aprire questa raccolta:
un disco che fin dal titolo sembra voler rendere giustizia al musicista Karl Blau,
portandolo a conoscenza di un pubblido più vasto, grazie anche alle presenze di
Jim James dei My Morning Jacket, della stessa Laura Veirs e di altri amici e colleghi
sparsi.
Operazione sacrosanta visti i risultati: con un timbro che si
colloca fra il baritono confidenziale di gente come Kurt Wagner (Lambchop) e Bill
Callahan (Smog), fra arrangiamenti country lussuriosi che ricordano l'operazione
di Bonnie Prince Billy di qualche anno fa a Nashville, Introducing Karl Blau è
un affettato ciclo di ballate che alla rustica scorza country di partenza aggiunge
un drappo di chitarre, pianoforti, organi e tenui languori per archi che raggiungono
vette di sentimentalismo in Fallin' Rain e
Let the World Go By, letteralmente sciogliendosi nel walzer sussurrato
della citata Dreaming my Dreams. Qualche episodio conserva un accento country
più spiccato, banalmente nella presenza della pedal steel, ma il trattamento in
regia di Martine sposta comunque questa musica dalla sua anima più rurale: splendide
in tal senso Woman (Sensuous Woman), romantica
come potrebbe esserlo soltanto il George Jones delle produzioni con Bill Sherrill
nei primi anni Settanta, e Homecoming, altro episodio tratto dal songwbook
dell'amato Tom T. Hall. Chiude la lucentezza quasi spaziale di No Regrets (Tom
Rush).
Uno di quei dischi in cui le caratteristiche di un genere apparentemente
così "rigido" e tradizionale come la country music dischiudono in realtà nuove
sensazioni fra eleganza melodica e fascino da crooner.