Lowlands & Friends
Play Townes Van Zandt's Last Set
[Route 61 Music 2016]

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File Under: Townes' last set

di Fabio Cerbone (07/12/2016)

Un gesto di affetto, un ricordo personale, un'idea di condivisione, una celebrazione a vent'anni dalla scomparsa. Ci sono diversi piani di lettura per approcciare un progetto come Lowlands and Friends Play Townes Van Zandt's Last Set, ma da qualunque parti lo si affronti resta comunque l'impressione che sia stato costruito con spontaneità e una sincera commozione per le canzoni che lo hanno ispirato, senza farsi intimorire da quell'enorme songbook da scalare. Non sono nuovi a iniziative del genere i Lowlands, che nella figura di Edward Abbiati, voce e autore della band, trovano il perno attorno al quale far muovere il loro mondo di amicizie artistiche: era capitato qualche anno fa con la dedica a Woody Guthrie, un piccolo disco per commemorare i cent'anni dalla nascita del maestro folk, si ripete oggi a vent'anni esatti dalla morte di Townes Van Zandt, che una maledetta notte di capodanno del 1997 decise che ne aveva abbastanza di affrontare i suoi tormenti e il blues che si portava dietro.

La particolarità del disco, oltre a prevedere una partecipazione allargata di musicisti, che dalla scena roots italiana si muovono verso l'Inghilterra e persino la Svezia, è nella concezione della stessa tracklist: non la scontata selezione dei brani che hanno costruito il mito di Townes Van Zandt, ma la riproduzione fedele della scaletta che quest'ultimo suonò la sera del 3 dicembre al Borderline di Londra, poche settimane prima di andarsene per sempre. La riproduzione del biglietto di quello show è impressa all'interno del libretto: è lo stesso biglietto che Edward Abbiati comprò, giovane e curioso di conoscere un gigante del songwriting americano, quel giorno di vent'anni fa, ammaliato dall'ascolto di Tecumseh Valley nella versione di Steve Earle, uno dei tanti "discepoli" di Townes. Sul palco, racconta Abbiati, Van Zandt gli apparve come un vecchio capo indiano, ferito ma indomito, a malapena capace di reggersi in piedi, eppure magicamente in grado di far sgorgare il sangue dalle sue canzoni, chitarra e voce, di diventare una cosa sola con i suoi versi.

Accade raramente ed è un dono che appartiene soltanto a certi poeti, quelli che non distinguono la vita dall'arte: Van Zandt, non dovremmo spiegarlo su queste pagine forse, ma vale la pena ribadirlo, è uno di loro, un uomo e un folksinger che ha abitato i luoghi oscuri dell'America, che ne ha scavato fra la pelle e le ossa, mettendo insieme il blues di Lightnin' Hopkins con il country di Hank Williams, bianco e nero accomunati dalla stessa sofferenza. Non è un caso dunque che Lowlands and Friends Play Townes Van Zandt's Last Set si apra proprio con un brano del bluesman texano Lightnin' Hopkins, con il quale Van Zandt ebbe modo di dividere diverse serate agli albori della sua carriera nei club di Houston e Austin: My Starter Won't Start, e più avanti Short Hair Woman Blues, sono i due episodi che legano insieme il blues dell'anima di Townes con quello del maestro Hopkins, oltre a ribadire che questo disco non sarà una semplice parata di classici e riproduzioni musicali ossequiose. I Lowlands aprono così le porte dei loro studi casalinghi, registrando fra cucine e soggiorni, e chiamando a raccolta le sensibilità differenti di Cheap Wine, Gnola Blues Band, Michele Gazich, Antonio Gramentieri (Sacri Cuori) o Stiv Cantarelli, per restare in Italia, e ancora Lucky Strikes, Sid Griffin, Will T. Massey, Richard Lindgren, Chris Cacavas e Plastic Pals, fra gli altri, spingendosi oltre confine.

Il risultato non è mai banale, vive, come è naturale che sia, di alti e bassi, ma si ricompone alla fine in una sorta di voce unica: l'idea in fondo "assurda" eppure credibile che da luoghi e vite così distanti, le storie, i personaggi, la strada e la polvere narrati da Townes Van Zandt abbiano assunto un valore davvero profondo. Introdotti curiosamente dalla voce fuori campo di Barry Marshall-Everitt, promoter inglese e dj del programma "House of Mercy", che ha spesso sostenuto la musica dei Lowlands, i brani trasformano la sequenza del disco in una sorta di lunga session radiofonica, quasi stessimo assistendo ad un tributo in presa diretta. Dell'introduzione blues di My Starter Won't Start abbiamo già anticipato: la voce di Edward Abbiati è affiancata dal vigoroso timbro di Kevin Russell dei texani Gourds, una delle formazioni storiche dell'alt-country locale, padrone della situazione tanto quanto la chitarra densamente blues di Maurizio Gnola e la sezione ritmica della sua Gnola Blues Band.

L'impronta stilistica di ogni partecipante è ciò che rende poco prevedibile e quindi curioso il disco, facendolo scivolare a tratti verso esperiementi azzardati e in altri nella direzione di un maggiore riguardo per gli originali. Se dunque Loretta, con la slide e la voce di Stiv Cantarelli, acquista toni di "sporcizia" cowpunk, l'intramontabile Pancho & Lefty si adagia sui toni agrodolci di un folk rock quasi dylaniano (nel violino di Michele Gazich il sentore di un disco come Desire), ospiti gli inglesi Lucky Strikes e la voce di Matthew Boulter, perfetto contraltare per le tonalità più crude di Abbiati. È lui, va ribadito, con le chitarre di Roberto Diana e l'ottimo Francesco Bonfiglio all'organo, piano e accordion, a tessere le fila, tenendo insieme le diverse sensibilità e riconducendole sempre alla fonte: l'intonazione ruvida di Edward appare così la più vicina al cuore scuro di Townes, non sfigura mai nei duetti, anzi, sembra tenere la bussola e riportarli spesso a quella sera di vent'anni prima al Borderline di Londra.

In tal senso suonano riusciti gli incontri con Will T Massey, nella lunga, dolente e romantica Marie, con Tim Rodgers degli australiani You Am I in Song For, o ancora con Richard Lindgren in Katie Belle Blues, con il solo accordion di Bonfiglio a sorreggere la melodia, rivoltate poi nei tratti più rock e bluastri di Dollar Bill Blues, e non poteva essere altrimenti vista la presenza dei Cheap Wine dei frateli Diamantini, oppure in Waiting Around to Die, la cui originale angoscia blues è trasfigurata in una specie di danza sul border messicano. È qui una delle chiavi di lettura di Lowlands and Friends Play Townes Van Zandt's Last Set: un tributo che non è fatto per purismi e celebrazioni museali, diciamolo subito. Si prende insomma qualche rischio, a volte cade (in piedi), anche a costo di spiazzare, e lascerà forse perplessi i custodi di un Townes Van Zandt che dovrebbe restare, a torto, intoccabile. Invece vive anche delle ingenuità, come nella leggera Ballad of the Three Shrimps (cover di un famoso successo di Elvis Presley), degli innamoramenti, come nella citata Tecumseh Valley, qui interpretata insieme a Rod Picott in un medley con Dead Flowers degli Stones (come era solito fare lo stesso Van Zandt dal vivo), dei tentativi, come accade in Buskin Stallion (i Flaming Lips in viaggio verso il Texas?) e in Sanitarium Blues (un tetro recitato solcato dal basso slide di Mike "Slo Mo" Brenner), insomma di tutto ciò che i Lowlands e la loro carovana hanno deciso di offrire in questo ricordo.

Senza sponsor e fantomatici budget a disposizione, senza grandi stelle ad attirare le attenzioni, ma, è innegabile, con una buona fede e un carico di affetto indiscutibili.


La scaletta:

01 - My Starter Won't Start - with Gnola Blues Band and Kevin Russell (Gourds)
02 - Loretta -
with Stiv Cantarelli
03 - Pancho and Lefty -
with The Lucky Strikes, Sid Griffin & Michele Gazich
04 - Dollar Bill Blues -
with Cheap Wine
05 - Buckskin Stallion -
with Antonio Gramentieri (Sacri Cuori) & Stiv Cantarelli
06 - Katie Belle Blue -
with Richard Lindgren
07 – Marie -
with Will T Massey
08 - Waiting Around To Die -
with Chris Cacavas & Michele Gazich
09 - A Song For -
with Tim Rogers
10 - Short Hair Woman Blues -
with Ragsy
11 - Song Of The Shrimps(Elvis Presley) -
with No Good Sister and Maurizio Gnola Glielmo
12 - Sanitarium Blues -
with Will T Massey, Tim Rogers & Rod Picott
13 - Tecumseh Valley/Dead Flowers -
with Rod Picott
14 - Colorado Girl -
with The Plastic Pals, Chris Cacavas & Jonathan Segel (Camper Van Beethoven)




<Credits>