Un
gesto di affetto, un ricordo personale, un'idea di condivisione, una celebrazione
a vent'anni dalla scomparsa. Ci sono diversi piani di lettura per approcciare
un progetto come Lowlands and Friends Play Townes Van Zandt's Last Set,
ma da qualunque parti lo si affronti resta comunque l'impressione che sia stato
costruito con spontaneità e una sincera commozione per le canzoni che lo hanno
ispirato, senza farsi intimorire da quell'enorme songbook da scalare. Non sono
nuovi a iniziative del genere i Lowlands, che nella figura di Edward Abbiati,
voce e autore della band, trovano il perno attorno al quale far muovere il loro
mondo di amicizie artistiche: era capitato qualche anno fa con la dedica
a Woody Guthrie, un piccolo disco per commemorare i cent'anni dalla
nascita del maestro folk, si ripete oggi a vent'anni esatti dalla morte di Townes
Van Zandt, che una maledetta notte di capodanno del 1997 decise che ne aveva abbastanza
di affrontare i suoi tormenti e il blues che si portava dietro.
La particolarità
del disco, oltre a prevedere una partecipazione allargata di musicisti, che dalla
scena roots italiana si muovono verso l'Inghilterra e persino la Svezia, è nella
concezione della stessa tracklist: non la scontata selezione dei brani che hanno
costruito il mito di Townes Van Zandt, ma la riproduzione fedele della scaletta
che quest'ultimo suonò la sera del 3 dicembre al Borderline di Londra,
poche settimane prima di andarsene per sempre. La riproduzione del biglietto di
quello show è impressa all'interno del libretto: è lo stesso biglietto che Edward
Abbiati comprò, giovane e curioso di conoscere un gigante del songwriting americano,
quel giorno di vent'anni fa, ammaliato dall'ascolto di Tecumseh Valley
nella versione di Steve Earle, uno dei tanti "discepoli" di Townes. Sul palco,
racconta Abbiati, Van Zandt gli apparve come un vecchio capo indiano, ferito ma
indomito, a malapena capace di reggersi in piedi, eppure magicamente in grado
di far sgorgare il sangue dalle sue canzoni, chitarra e voce, di diventare una
cosa sola con i suoi versi.
Accade raramente ed è un dono che appartiene
soltanto a certi poeti, quelli che non distinguono la vita dall'arte: Van Zandt,
non dovremmo spiegarlo su queste pagine forse, ma vale la pena ribadirlo, è uno
di loro, un uomo e un folksinger che ha abitato i luoghi oscuri dell'America,
che ne ha scavato fra la pelle e le ossa, mettendo insieme il blues di Lightnin'
Hopkins con il country di Hank Williams, bianco e nero accomunati dalla stessa
sofferenza. Non è un caso dunque che Lowlands and Friends Play Townes Van
Zandt's Last Setsi apra proprio con un brano del bluesman texano
Lightnin' Hopkins, con il quale Van Zandt ebbe modo di dividere diverse serate
agli albori della sua carriera nei club di Houston e Austin: My Starter Won't
Start, e più avanti Short Hair Woman Blues, sono i due episodi che
legano insieme il blues dell'anima di Townes con quello del maestro Hopkins, oltre
a ribadire che questo disco non sarà una semplice parata di classici e riproduzioni
musicali ossequiose. I Lowlands aprono così le porte dei loro studi casalinghi,
registrando fra cucine e soggiorni, e chiamando a raccolta le sensibilità differenti
di Cheap Wine, Gnola Blues Band, Michele Gazich, Antonio Gramentieri (Sacri Cuori)
o Stiv Cantarelli, per restare in Italia, e ancora Lucky Strikes, Sid Griffin,
Will T. Massey, Richard Lindgren, Chris Cacavas e Plastic Pals, fra gli altri,
spingendosi oltre confine.
Il
risultato non è mai banale, vive, come è naturale che sia, di alti e bassi, ma
si ricompone alla fine in una sorta di voce unica: l'idea in fondo "assurda" eppure
credibile che da luoghi e vite così distanti, le storie, i personaggi, la strada
e la polvere narrati da Townes Van Zandt abbiano assunto un valore davvero profondo.
Introdotti curiosamente dalla voce fuori campo di Barry Marshall-Everitt,
promoter inglese e dj del programma "House of Mercy", che ha spesso
sostenuto la musica dei Lowlands, i brani trasformano la sequenza del disco in
una sorta di lunga session radiofonica, quasi stessimo assistendo ad un tributo
in presa diretta. Dell'introduzione blues di My Starter
Won't Start abbiamo già anticipato: la voce di Edward Abbiati è affiancata
dal vigoroso timbro di Kevin Russell dei texani Gourds, una delle formazioni storiche
dell'alt-country locale, padrone della situazione tanto quanto la chitarra densamente
blues di Maurizio Gnola e la sezione ritmica della sua Gnola Blues Band.
L'impronta stilistica di ogni partecipante è ciò che rende poco prevedibile e
quindi curioso il disco, facendolo scivolare a tratti verso esperiementi azzardati
e in altri nella direzione di un maggiore riguardo per gli originali. Se dunque
Loretta, con la slide e la voce di Stiv Cantarelli,
acquista toni di "sporcizia" cowpunk, l'intramontabile Pancho
& Lefty si adagia sui toni agrodolci di un folk rock quasi dylaniano
(nel violino di Michele Gazich il sentore di un disco come Desire), ospiti gli
inglesi Lucky Strikes e la voce di Matthew Boulter, perfetto contraltare per le
tonalità più crude di Abbiati. È lui, va ribadito, con le chitarre di Roberto
Diana e l'ottimo Francesco Bonfiglio all'organo, piano e accordion, a tessere
le fila, tenendo insieme le diverse sensibilità e riconducendole sempre alla fonte:
l'intonazione ruvida di Edward appare così la più vicina al cuore scuro di Townes,
non sfigura mai nei duetti, anzi, sembra tenere la bussola e riportarli spesso
a quella sera di vent'anni prima al Borderline di Londra.
In tal senso
suonano riusciti gli incontri con Will T Massey, nella lunga, dolente e
romantica Marie, con Tim Rodgers degli
australiani You Am I in Song For, o ancora con Richard Lindgren in Katie
Belle Blues, con il solo accordion di Bonfiglio a sorreggere la melodia, rivoltate
poi nei tratti più rock e bluastri di Dollar Bill Blues, e non poteva essere
altrimenti vista la presenza dei Cheap Wine dei frateli Diamantini, oppure in
Waiting Around to Die, la cui originale angoscia
blues è trasfigurata in una specie di danza sul border messicano. È qui una delle
chiavi di lettura di Lowlands and Friends Play Townes Van Zandt's Last Set:
un tributo che non è fatto per purismi e celebrazioni museali, diciamolo subito.
Si prende insomma qualche rischio, a volte cade (in piedi), anche a costo di spiazzare,
e lascerà forse perplessi i custodi di un Townes Van Zandt che dovrebbe restare,
a torto, intoccabile. Invece vive anche delle ingenuità, come nella leggera Ballad
of the Three Shrimps (cover di un famoso successo di Elvis Presley), degli
innamoramenti, come nella citata Tecumseh Valley,
qui interpretata insieme a Rod Picott in un medley con Dead Flowers
degli Stones (come era solito fare lo stesso Van Zandt dal vivo), dei tentativi,
come accade in Buskin Stallion (i Flaming Lips in viaggio verso il Texas?)
e in Sanitarium Blues (un tetro recitato solcato dal basso slide di Mike
"Slo Mo" Brenner), insomma di tutto ciò che i Lowlands e la loro carovana hanno
deciso di offrire in questo ricordo.
Senza sponsor e fantomatici budget
a disposizione, senza grandi stelle ad attirare le attenzioni, ma, è innegabile,
con una buona fede e un carico di affetto indiscutibili.
La scaletta:
01 - My Starter Won't Start - with Gnola Blues Band and Kevin Russell
(Gourds) 02 - Loretta - with Stiv Cantarelli 03 - Pancho and
Lefty - with The Lucky Strikes, Sid Griffin & Michele Gazich 04 - Dollar
Bill Blues - with Cheap Wine 05 - Buckskin Stallion - with Antonio
Gramentieri (Sacri Cuori) & Stiv Cantarelli 06 - Katie Belle Blue - with
Richard Lindgren 07 – Marie - with Will T Massey 08 - Waiting
Around To Die - with Chris Cacavas & Michele Gazich 09 - A Song For
- with Tim Rogers 10 - Short Hair Woman Blues - with Ragsy 11
- Song Of The Shrimps(Elvis Presley) - with No Good Sister and Maurizio Gnola
Glielmo 12 - Sanitarium Blues - with Will T Massey, Tim Rogers & Rod
Picott 13 - Tecumseh Valley/Dead Flowers - with Rod Picott 14
- Colorado Girl - with The Plastic Pals, Chris Cacavas & Jonathan Segel (Camper
Van Beethoven)