Teenage Fanclub
Here
[
PeMa/ Audioglobe
2016]

www.teenagefanclub.com

File Under: for (old) teenagers only

di Yuri Susanna (31/10/2016)

Il fatto che i Teenage Fanclub siano stati, per una breve porzione dell'arco temporale della loro poco men che trentennale esistenza, la "band giusta al momento giusto" è stato in fondo un semplice scherzo del destino. Il loro power pop dagli accenti byrdsiani si è trovato per caso a incrociare i gusti di quella generazione che, risvegliata dal grunge, avrebbe di lì a poco bruciato le proprie illusioni nel fuoco fatuo del britpop. Se la band di Norman Blake, Gerard Love, e Raymond McGinley - tutti e tre a loro modo maestri cesellatori tanto dell'arte della melodia quanto di quella dell'armonia - ha beneficiato dei previsti 15 minuti di gloria, non ha dato certo a vedere di subire per questo contraccolpi e sommovimenti di alcun tipo. I dieci album disseminati lungo questi anni sono lì a testimoniare quanto la vocazione originale della band scozzese fosse sincera e radicata, al di là delle mode e dei contesti. Da ogni nuovo capitolo non è quindi sensato aspettarsi niente di più di una riproposizione della ricetta elegantemente vintage - o classicamente retrò, se preferite - che da sempre è il marchio di distinzione e la raison d'être dei TFC.

Se si può rimproverare loro qualcosa, è solo il progressivo diradarsi della produzione lungo il corso degli anni, tanto che, a guardarsi indietro, si scopre che questa volta ne sono passati ben sei, dall'ultima sortita discografica. Poco male: i nostri sono ancora qui, come tengono a sottolineare fin dal titolo. Anche se, ad ascoltare bene, lo spazio (e il tempo) occupato dai TFC è più che altro un luogo sospeso, una stanza della memoria in cui i feedback di chitarra tagliano in due melodie sognate in dormiveglia da Alex Chilton e Chris Bell (Thin Air, ma anche The Darkest Part of the Night), dove i Love di Forever Changes prestano i fiati a fare da contrappeso alla psichedelia spiraliforme di Live in the Moment, o Crosby e McGuinn suggeriscono le spezie per condire il trip lisergico di I Have Nothing More to Say, mentre gli Xtc passeggiano all'aria aperta tra fiori colorati e profumi di essenze psichedeliche (Steady State), e i Beatles vengono invitati al tè delle 5 dal cappellaio matto Syd Barrett (Connected to Life). E se i Beatles sono impegnati, possono sempre mandare i Badfinger a sostituirli (il riff dell'opener I'm in Love).

E' un classicismo di sintesi, quello praticato dai TFC. Lo è da sempre, ma ora è ancor più evidente, a 27 anni dall'esordio e a 25 da quando Bandwagonesque fece tanto parlare (bene) di loro da renderli quasi delle star (era il 1991, tutto era possibile). Gli anni intanto non hanno placato la nostra sete: abbiamo ancora bisogno di queste canzoni gioiosamente malinconiche, capaci di risolvere l'ossimoro di cui si nutrono in tre, quattro minuti di grazia sonora. Ne abbiamo bisogno non soltanto perché Here è forse il loro disco meglio assemblato dai tempi di Songs from Northern Britain, ma perché non vediamo nessun nuovo rinascimento alle porte, perché gli inverni sembrano sempre più lunghi - e non è una faccenda di temperatura o di clima - perché c'è stato un tempo in cui una canzone per noi era tutto o quasi, e un disco come Here serve, se non farcelo rivivere, per lo meno a ricordarcelo. Ne abbiamo bisogno perché abbiamo visto troppi eroi ridurre il proprio gesto a involontaria parodia e vecchi amici sopravvivere (male) a se stessi. Si può invecchiare senza smarrire il senso dell'essere qui, ora. Si può, e i Teenage Fanclub lo stanno facendo, vivaddio.


    


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