Zephaniah Ohora
Listening to the Music
[Last Roundup Records 2020]

Sulla rete: zephaniahohora.com

File Under: country music as it used to be

di Davide Albini (17/10/2020)

Faccia e immagine sarebbero perfetti in un film di Quentin Tarantino, e anche il nome biblico ('Sofonia', profeta ebreo al quale è attribuito l’omonimo libro dell’Antico Testamento) rievoca famose citazioni tarantiniane. Si tratta invece di un musicista cresciuto a Brooklyn, New York, animatore dell’agguerrita scena country locale. Ha esordito nel 2017 con This Highway, album che fece drizzare le antenne sul suo stile retro, il quale attinge a piene mani dall’epoca d’oro del genere. A tre anni di distanza Listening to the Music conferma le buone impressioni e rilancia, se possibile, la posta in gioco: questo che abbiamo per le mani, credetemi, è un disco da primo della classe, se amate le escursioni nella memoria della country music, suonata e arrangiata con una padronanza impeccabile, misto di sentimento honky tonk e romanticismo countrypolitan, con il santino di Merle Haggard infilato negli stivali da cowboy.

Zephaniah Ohora è un discepolo a tutti gli effetti del gigante di Bakersfield: voce, portamento, suono, ogni cosa qui richiama quello che fu il grande innovatore della musica country della seconda metà dei Sessanta, con una band stellare a sostenere il repertorio. L’accusa già me la immagino: Ohora si culla nel passato e non cerca nuove strade come altri colleghi, ma se i risultati devono essere semplicemente provocatori e discutibili come l’ultimo Sturgill Simpson, meglio un disco come Listening to the Music, anche perché qui le ballate sono semplicemente sontuose e i brani più spediti ed elettrici un vera primizia per il palato country rock. Prodotto dallo scomparso Neal Casal (da qui il motivo del rinvio di qualche mese nella pubblicazione), a cui Zephaniah manda una dedica speciale per il grande lavoro svolto in studio, il disco si apre sulle note svolazzanti della pedal steel di Jon Graboff (in passato con Ryan Adams) in Heaven’s On the Way e siamo già dentro questo film d’epoca, seguiti dalla spumeggiante Black & Blue, che è puro Haggard sound, tanto che pare di assistere a una reunion della sua band, gli Strangers.

Zephaniah Ohora canta di cose semplici, come ha sempre fatto la migliore tradizione country, ma anche del senso comunitario e aggregante che può offrire la musica, di tolleranza e democrazia, come nella splendida All American Singer, ospite l’armonica di Mickey Raphael, che sembra un singolo uscito da un jukebox di fine sixties a Nashville. Le dolciastre It’s Not So easy Today, We Planned to Have It All e soprattutto Emily, quest’ultima con un elegante arrangiamento per archi curato da Chris Carmichael, si avvicinano allo stile affettato di certe produzioni anni Settanta di George Jones o di Don Williams, ma il nostro Zephaniah sa mantenere la bussola e non si allontana mai drasticamente dalle radici, che siano ballad con fragranze country&western, come la limpida Listening to the Music, con la partecipazione della seconda voce di Dori Freeman, sbandate swing, come nella frizzante Riding that Train, o ancora irresistibili honky tonk e country song genuflesse in preghiera del maestro Merle (Living too Long, la fantastica You Make It Easy to love Again, il finale con Time Wont Take Its Time With Me).

Conservatore sì, ma con immenso gusto: così è facile per Zephaniah Ohora consegnare uno dei country album del 2020.


    


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