inserito 23/01/2010

Daniele Tenca
Blues for the Working Class
[Ultratempo 2010]



Il "blues per la classe operaia" di Daniele Tenca è un canto accorato per gente, storie e volti che troppo spesso finiscono nel dimenticatoio: sono le morti sul lavoro, lo sfruttamento, il ricatto (di chi è senza contratto o interinale) e infine la fatica e il sudore al centro di questi blues, un progetto coraggioso e nobile (ma anche musicalmente apprezabile, sia detto chiaramente) che nasce da una collaborazione con l'ANMIL (Associazione nazionale mutilati e invalidi sul lavoro) proprio per sostenere le troppe vittime del lavoro. Argomento ciclicamente consumato dagli organi di informazione, digerito e poi ributtato nell'ombra, come se a fare notizia fosse qualche incidente "sporadico", salvo tornare al solito rumore di fondo della politica (la stessa che si sta preparando ad annullare qualche indagine scomoda - vedi Thyssen - con la scorciatoia del "processo breve").

Daniele Tenca, cantautore e rocker di educazione springsteeniana, esce questa volta dal suo campo d'azione più naturale (lo avevamo incontrato anche in questa rubrica con l'esordio Guarda il sole) per allestire una piccola opera blues (ma con qualche deviazione rock nelle vene, a partire dalla vibrante, rabbiosa 49 People) dove la forza e la malinconia tipica di questo stile può trovare terreno fertile nelle liriche dello stesso Tenca. Due solamente le cover - indicative per il tema trattato e soprattutto per la provenienza - ovvero una Factory (naturalmente Springsteen) trasformata in un blues sudaticcio alla Muddy Waters e la più ossequiosa Eyes on the Prize, traditional che dalle famigerate Seeger Session viene ripreso con devozione insieme agli ospiti Marino Severini (Gang, seconda voce) e Cesare Basile (cori, cigar box guitar).

È proprio nella dimenzione più raccolta e acustica di alcuni brani che la voce di Daniele Tenca - non esattamente blues per espressione e intensità (il sound virato al Chicago blues delle varie Cold Comfort e My Work no Longer Fits for You risulta meno coinvolgente o forse soltanto più standard) - riesce a ritagliarsi uno spazio: funziona nel clima da profondo Mississippi di The Plant, ancora di più nella sinuosa e notturna Flowers at the Gates o nella rarefatta Spare Parts, forse la migliore della raccolta. In generale la scelta a favore di arrangiamenti essenziali e "rootsy" sembra anche garantire più attenzione ai testi: scorre un senso di rabbia e angoscia per la condizione operaia dei nostri giorni che la ripetitività ritmica del blues amplifica e persino esalta. In tal senso il finale con This Working Day Will be Fine (all'armonica Andy J Forest) ne è l'espressione più riuscita. Nell'insieme dunque non il solito disco blues: per gli argomenti e l'intenzione senza dubbio, ma anche per una certa versatilità nei suoni.
(Fabio Cerbone)

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