Luca Milani & The Glorious Homeless
Fireworks for Lonely Hearts
[Hellm Records 2016]

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File Under: lost for rock'n'roll

di Marco Denti (03/10/2016)

C'è una consapevolezza in Fireworks For Lonely Hearts che capita una tantum nella storia di una rock'n'roll band, e succede perché Luca Milani & The Glorious Homeless non suonano per divertirsi. Almeno, non solo: la tensione è quella di gente che tiene in mano le chitarre con i pugni chiusi, perché se c'è un'alternativa è soltanto lì, anche se devi viaggiare senza una sicurezza, perché veniamo dalle strade e nelle strade ci restiamo e il rock'n'roll non è il 45 giri nel jukebox, non è la colonna sonora di un film con un happy end, è una fottuta questione di vita o di morte. Qui, Luca Milani non ha scelta. Non lo troveremo mai in uno stupido talent show. Non scriverà l'ennesimo romanzo autobiografico tanto per far girare le macchine di una tipografia di provincia. Non andrà in cerca di sponsor per avvalersi del titolo di direttore artistico di qualche improbabile festival dove invitare amici, parenti e accoliti vari. Qui non c'è nessuna gara, non c'è nessuna rivoluzione. La scintilla può durare un secondo, può divampare e diventare un incendio, o può spegnersi ancora prima di cominciare. Il ciclo vitale di una rock'n'roll band è limitato. Lo senti sulla pelle quanto può esistere ancora, anche se la data di scadenza può essere messa in fondo a un contratto, segnata su un calendario, immaginata in un cruciverba. Però, quel momento, quando infili il jack nella chitarra e il cavo fila come un cordone ombelicale all'amplificatore e poi sposti quella magica leva, e il fuoco è lì, in quell'istante, è tutto. Libertà, ribellione, un futuro che non c'è e non ci sarà, un urlo, una canzone, un momento, un momento solo. Capita, e capita di non capirlo.

A Luca Milani & The Glorious Homeless è successo, e hanno capito che il futuro del rock'n'roll ormai è diventato il suo passato e che se rimane qualcosa è il presente, e il presente è quell'attimo da prendere al volo, prima che svanisca come un fuoco d'artificio qualsiasi. C'è una rock'n'roll band che alimenta questi Fireworks For Lonely Hearts, che non hanno niente di artificiale. Suonano come se non ci fosse un domani, nessuna tregua, nessuna concessione. Le chitarre sono secche, taglienti, pulite, forti. Quando parte un break o un assolo sai che durerà il tempo necessario a prendere fiato, non un secondo in più. Non è una coincidenza che si cominci dalla strada, da The Road, perché è lì il punto. Due accordi, un paio di colpi alla batteria e via alle chitarre. Tutto inchiodato in una dozzina di secondi, poi entra un basso tondo e corposo e The Road si srotola come una strada che si apre davanti fino all'orizzonte, ovvero fino alla sfumatura finale. Il sound, e sarà così per tutto Firework For Lonely Hearts, non mente. Luca Milani & The Glorious Homeless suonano così, perché sanno esprimersi così, l'hanno imparato dai dischi, dai concerti, dalla strada (sempre lì), così come sulla strada hanno conosciuto Riccardo Maccabruni, che aggiunge piano e organo quel tanto che basta a raffinare e ad arginare l'impeto originario. Un aiuto non relativo che emerge nei contorni del ritornello di Jukebox, la canzone che i Gaslight Anthem non riuscivano più a scrivere e che rispecchia quello che diceva Joe Strummer quando gli chiedevano una definizione di stile: "Ciò che suoniamo adesso è ciò che siamo in grado di fare".

Questo è lo stato dell'arte di Luca Milani & TGH, ma poi ci si addentra e si scopre che Dead Eyes, qualcosa che in parte riporta a Sin Train, è una canzone splendida con gli accordi della chitarra acustica, tanto per cominciare, poi i Glorious Homeless che seguono regolari, masticando una specie di country & western che poteva stare benissimo su Strangers Almanac dei Whiskeytown, folate di organo comprese, e non siamo esagerando perché la padronanza di certi linguaggi non deve più nemmeno essere dimostrata. A maggior ragione in Fireworks For Lonely Hearts, perché anche se cresciamo e ci lasciamo alle spalle resti di rock'n'roll band, e di amori, e di sere d'estate e ferite e tatuaggi, ferite come tatuaggi e viceversa, c'è sempre una certezza perché "nessuno vince e nessuno perde in questa notte". Di canzoni speciali Luca Milani ne ha scritte tante (in Sin Train, come in Fireworks For Lonely Hearts, lo sono tutte), ma questa ha qualcosa di più. Suona quasi come un manifesto, una firma inconfondibile. E' l'unico diritto che rivendicano Luca Milani & The Glorious Homeless ed è quello di essere dentro la loro storia, non quella che qualcun altro ha scritto per loro. Una rock'n'roll band è fortunata se ha un songwriter come Luca Milani (e una voce come la sua) e lui è fortunato ad avere oggi un gruppo come quello essential, ruvido, necessario, composto da Giacomo Comincini alla batteria, Enrico Fossati al basso e Federico Olivares alla chitarra. Scarni nell'attitudine, sempre decisi, concentrati sugli accordi eppure legati alle canzoni di Luca Milani che ha il raro e micidiale gusto di scrivere con due, tre accordi e anche l'accortezza di mettere insieme nove canzoni, quello che c'è, c'è, senza bisogno di riempire un'ora e mezza di spazi digitali, perché la musica non è mica una palestra di chi è più forte o guadagna di più o dura più a lungo.

E' uno sguardo al paese delle meraviglie, accompagnati da Queen Of Wonderland, è l'ipotesi di aspirare a The Best In Town, una canzone che (da sola) condensa l'essenza di una rock'n'roll band. Convinti e precisi proprio come l'idea di rock'n'roll che The Best In Town trasmette, Luca Milani & the Glorious Homeless sono proprio così come si presentano nell'accurata confezione di Fireworks For Lonely Hearts. Ci sono le loro facce, gli strumenti lasciati lì giusto un attimo per i ritratti e quella piccola fotografia di father and son in riva al fiume ed è con una naturalezza fortunata che The Best In Town conduce alla trittico finale, che è rappresentativo di un crescendo di temi e riflessioni inusuali. Se il rock'n'roll fosse un concetto si potrebbe parlare di un concept album, nel senso che ruota con insistenza, con grande coerenza e anche con umiltà intorno allo stesso, identico tema. Solo che si tratta di qualcosa di molto più immaginifico e aleatorio che per la sua stessa indole tende al disordine, lasciando in mano la sua esistenza al legame con gli eroi che incidono e popolano le canzoni, i dischi, i concerti. Eroi che non sono divinità, supereroi intrappolati nella vita reale, come essere umani qualsiasi, destinati ad andarsene.

In un anno maledetto che si è portato via troppi ribelli, e purtroppo con la malinconica sicurezza che nessuno li rimpiazzerà, Heroes Have Gone è una preghiera tanto laica quanto accorata. Anche in questo, Fireworks For Lonely Hearts è un disco molto focalizzato, preciso e acuto: non è un caso che al centro di questo trittico di eroi, supereroi e local hero ci sia un antieroe come Buddy Holly con il suo aeroplano. E' il songwriter che aveva più di tutti il tratto cinematico delle canzoni ed è quello che aveva compreso il senso del ritmo dentro una pop song. Ha saputo tradurre in canzoni il senso di tutte le aspettative, le promesse, i miraggi costruiti attraverso la musica, ovvero un intero mondo. C'è qualcosa in più, o forse in meno, come scriveva Jonathan Cott: "Nell'era odierna di sofisticate tecniche di produzione è importante ricordare che le canzoni più toccanti di Buddy Holly testimoniano del fatto che egli fu uno dei primi musicisti rock'n'roll bianchi a mantenere in vita gesti rituali, frasi e forme di espressione musicale basate su semplicità assoluta (e a trarre da essi ispirazione)". Un aereo non è un petardo che brilla in una notte. Per volare ha bisogno dell'aria e Buddy's Plane dice che la nostra terra non ci ha dato altro mezzo. La storia resta lì sospesa nel magma delle chitarre con quella ruvida spontaneità che è la caratteristica peculiare di Luca Milani e delle sue canzoni.

E' quel tratto che, grazie al fantasma di Buddy Holly, gli permette di aprire un'altra porta, l'ultima di Fireworks For Lonely Hearts, che lo introduce in una confessione intima, delicata e commovente. Lì non vede il domani del rock'n'roll, ma un altro futuro, in cui le responsabilità non durano quel magico, impalpabile attimo, ma continuano per tutta la vita. E' vero, come dice Bruce Springsteen, uno che se ne intende, che una rock'n'roll band è qualcosa "concepito per tenere alla larga il mondo esterno, in particolare la vita adulta". Arrivato in fondo ai suoi quaranta minuti e trentanove secondi di Fireworks For Lonely Hearts Luca Milani prova ad andare oltre quel confine. Non si è mai certi di quanto possa durare quest'idea, anche se sono anni che riempiono la testa di sogni, ma rimane comunque qualcosa di tuo, creato da te e dalla tua vita, con tutte le sue parti, la strada, i compagni di viaggio, il silenzio della città, il ritorno a casa all'alba. Le motivazioni restano misteriose, si arriva a un punto che la passione non è autosufficiente, e allora non cerchiamo di fuggire le nostre responsabilità, ma il futuro lo scriveremo noi, noi per noi. Noi per il rock'n'roll e il rock'n'roll per noi, almeno fino a quando non ti tocca la fortuna, una "living proof". Every Goodnight Is A Goodbye, è la lullaby per un bambino, per ogni bambino, e l'eroe è lui o il padre che lo mette a letto, o tutti e due, veri. La distanza con i sogni è azzerata. I Glorious Homeless vanno a farsi un paio di birre (meritatissime). Restano l'armonica, la chitarra appena sfiorata, due tasti del pianoforte. I fuochi d'artificio se ne vanno per i cuori solitari, il rock'n'roll resta per tutti gli altri.

 


    

 


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