Ripartono dall'uggiosa atmosfera folk di una toccante Gipsy
Child e chiudono sulle note acustiche e il violino rootsy di Blow
Blue Wind Blow i Lowlands, dando l'impressione frettolosa di
essersi completamente convertiti ad un songwriting introspettivo, malinconico,
maturando sempre di più le attenzioni intorno ai testi di Edward Abbiati. Non
è così evidentemente, perché nel mezzo dei due poli il secondo lavoro della band
pavese (terzo in verità se si tiene conto del breve ep di raccordo pubblicato
lo scorso anno e già foriero di qualche cambiamento ed evoluzione) è un torrente
in piena che trascina le diverse passioni dei musicisti coinvolti…loro sono in
sette, a cui si aggiugono amici ed ospiti in un baccanale che trasforma Gipsy
Child, il disco, in una sorta di opera corale. Rinunciando forse ad un
briciolo della profondità e della definizione che arricchiva di un respiro internazionale
l'esordio The Last
Call, ma guadagnando forse in "sporcizia", sostanza e verità, i Lowlands
del nuovo corso suonano più una band e meno una coalizione nata intorno alle canzoni
del leader Edward Abbiati.
Il suono ruvido che traspare già nella seconda
traccia Only Rain, carica di elettricità fra
Replacements e uno Springsteen particolarmente accorato, ci racconta di un disco
magari imperfetto ma sincero, che percepisci vicino al cuore di questi ragazzi.
Lo ridadiscono il folk rock a perdifiato di Between Shades
and Light o meglio ancora l'unico brano firmato da Abbiati in compagnia
di un altro autore, l'amico Tim Rogers degli australiani You Am I, anche
seconda voce nella baraonda rock di Gotta Be (Something
Out There). La concezione del disco è ancora una volta condivisa con
musicisti stranieri, anime gemelle incontrate lungo la strada: Chris Cacavas cura
il missaggio e presta cori e organo, Richard Hunter cuce nuovamente un cameo all'armonica,
Mike Bremmer lancia strali alla lap steel in diverse occasioni, facendosi notare
soprattutto nella coda finale dell'arrembante Life's
Beautiful Lies, Amanda Shires presta voce e violino nella citata, dolcissima
ballad country Blow Blue Wind Blow.
Questa volta però la sensazione è
che siano solamente timidi ritocchi, abbellimenti che non privano di essenza il
talento dei Lowlands, loro davvero protagonisti insieme alla penna di Abbiati.
Il suo sguardo sempre molto irrequieto, malinconico, capace di gettare lo sguardo
nel buio, ai margini, produce autentiche gemme tra le quali spiccano la stessa
title track e una zingaresca Cheap Little Paintings,
melodia struggente giocata sul piano di Stefano Brandirali e l'accordion di Francesco
Bonfiglio. Le generosità dell'approccio può forse, come anticipato, trascinare
a tratti la band verso un'imprecisione che fa chiudere troppo in fretta Street
Queen e Without a Sight, episodi
meno definiti e più di istinto, anche se si tratta di difetti superficiali. Nella
visione di insieme Gipsy Child è invece un album che testimonia con autenticità
assoluta la "crescita in pubblico" dei Lowlands, la loro esperienza
on the road, confermandoli tra le migliori realtà del genere apparse in Italia
in tempi recenti. (Fabio Cerbone)