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Tinsley Ellis
Devil May Care
[Alligator 2022]

Sulla rete: tinsleyellis.com

File Under: rock & blues guitar


di Roberto Giuli (07/03/2022)

La prima cosa che risalta all’occhio, pardon all’orecchio, è il riff canonico, per la verità anche un po’ prodotto (John Lennon avrebbe detto “con un po’ di rossetto”), di One Less Reason. E’ l’opener dell’ultima fatica di Tinsley Ellis, Devil May Care, album pubblicato per Alligator; il riff menzionato introduce in realtà un bello shuffle, di quelli ideali per le aperture e in linea con le intenzioni e lo stile di Ellis, in definitiva con la sua produzione. Spendendoci qualche parola in più, quella linea include un sound robusto e qualche caloria in eccesso, un sapiente utilizzo delle tastiere, qualche accordo di nona aumentata, molto utile per certe trame soul/funky (come 28 Days, dalle venature un po’ hendrixiane), nonché un assolo fatto di note tirate allo spasimo, tanto rassicurante nella sua fluidità.

Un brano di grande presenza, appunto nello stile del nostro; il quale stile che appare in tutta la sua brillantezza pure in occasione della torrida, eccellente Right Down The Drain, arrichchita dalla slide, in pezzi come Beat The Devil, molto r&b o Juju, che malcela la sua essenza southern: ottima la prestazione di Kevin McKendree al piano (doveroso menzionare gli altri, Steve Mackey al basso e Lynn Williams alla batteria, musicisti di grande capacità). Ci sentiamo un po’ a casa con l’artista di Atlanta, descritto da estimatori e critica come uno dei più affidabili, attuali protagonisti di una certa classica e generosa chitarra rock blues, attitudine maturata e confermata in tanti anni di attività, dagli anni Settanta, filtrata attraverso una costante produzione discografica culminata nel 2020 con Ice Cream In Hell, sulla linea di quest’ultimo, pur se con i toni leggermente più morbidi.

Quasi come se ogni disco fosse un’ulteriore maturazione, Tinsley Ellis sa come dar vita a buone canzoni muovendosi in terreni consolidati ma sempre affascinanti; è ancora il caso proprio di Devil May Care e di pezzi come la densa ballata Just Like Rain, Don’t Bury Our Love, profondamente blues, Step Up, gioiellino soul con i fiati e l’Hammond in bella evidenza. Fino alla migliore, la conclusiva Slow Train To Hell, delicata, dolente ballata blues dallo struggente giro armonico, tale da dimostrare la grande sensibilità di questo splendido musicista. Bel disco.


    


<Credits>