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Old Soul never dies di
Nicola Gervasini (18/04/2016)
Ammetto di avere poca fiducia negli sviluppi presenti e futuri del cosiddetto
New Soul degli anni 2000, e forse ancora meno ne avevo nelle possibilità del vecchio
Charles Bradley di poter dire ancora qualcosa di significativo in materia.
Di lui vi abbiamo già parlato in occasione dei due capitoli precedenti (No Time
For Dreaming del 2011 e Victim Of Love del 2013), a 68 anni quasi suonati Bradley
è un "novellino" arrivato con questo Changes al terzo
capitolo di una carriera iniziata discograficamente a 63 anni, quando il terreno
era già da tempo fertile per un emulo di James Brown come lui. Protetto dalla
grande ala della Daptone Records, Bradley continua a non avere uno stile proprio
e facilmente riconoscibile, eppure in qualche modo in Changes riesce ancor meglio
che nei due simpaticamente scolastici album precedenti a stilare una sorta di
piccola storia del classic-soul di un tempo in undici canzoni.
Si guarda
pesantemente alla Stax e ai suoi artisti stavolta, partendo però sempre
da James Brown (Good To Be Back Home fa incetta
di urletti e "Good God!" alla Father of Soul), ma passando presto a suoni da Staples
Singers (Nobody But You) o Swamp Dogg (Ain't Gonna
Give It Up), e soprattutto con una title-track che annerisce addirittura
la Changes che fu dei Black Sabbath (epoca Vol.4., album del 1972) Non è la prima
volta che gli artisti della nuova ondata soul tentano ardite trasposizioni e costruiscono
ponti tra generi apparentemente inconciliabili (penso ad esempio a JC Brooks &
the Uptown Sound e alla sua riuscita cover di un brano dei Wilco nel 2010, ma
l'elenco potrebbe essere lungo), ma Bradley in qualche modo riesce a tenere viva
e a non stravolgere troppo l'interpretazione che fu di Ozzy Osbourne, aggiornandola
tra maestosi fiati soul e rendendola un nuovo sofferto canto di amore.
Giochi
di stile comunque, come tutti quelli che Bradley ci fa ascoltare fino alla fine,
sia che si tratti di sentite storie sentimentali (Crazy For Your Love)
o maestose invettive socio-politiche (Change For The
World). Giochi che continuo a trovare ormai utili solo a tener viva
una tradizione che vuole essere vecchia per definizione e mantenere la Black Music
ancorata a quella genuina espressione di sentimenti, ritmo e melodia che fu il
soul fino all'avvento del rap e dell'R&B moderno. Impossibile dunque non apprezzare
Changes, sicuramente uno dei migliori prodotti New Soul di questi anni dieci,
se poi abbia senso perdere tempo con Charles Bradley piuttosto che ripassarsi
la discografia di Sly Stone è una questione che vi lascio risolvere da soli.