The
Waterboys An Appointment With Mr Yeats
[Proper
2011]
Il
peso di William Butler Yeats sulla cultura irlandese (o anglosassone in generale)
è forse pari a quello del Manzoni sul romanzo italiano. Poeta del misticismo,
del recupero delle tradizioni e dell'armonia uomo-natura, le sue poesie si sono
sempre prestate ad essere ispirazione e riferimento di molti artisti rock nord-britannici
(Van Morrison su tutti, ma brani a lui dedicati appaiono anche nei repertori dei
Cranberries, Loreena McKennitt e tanti altri). I Waterboys lo avevano già
tradotto in musica con The Stolen Child su Fisherman's blues, e da allora Mike
Scott ha cominciato a lavorare su un progetto ambizioso, un intero disco di
brani derivati dai testi del sommo poeta di Dublino. Una traccia del suo lavoro
era già finita nel disgraziato Dream Harder del 1993 (Love And Death),
ma solo oggi possiamo finalmente ascoltare il frutto di vent'anni di paziente
studio della metrica yeatsiana, un progetto che i Waterboys stanno portando in
tour già da un anno. Registrato con formazione alquanto allargata (vanno notati
i felici innesti della voce di Katie Kim e della tuttofare Kate St John),
An Appointment With Mr Yeats è un disco che recupera il suono più classico
dei Waterboys, a sorpresa non tanto quello tradizionale di Fisherman's Blues,
quanto quello più pop e anni 80 di This Is The Sea (Politics
o i brillanti sette minuti di September 1913
sono l'esempio più lampante), con grande sfoggio di tastiere a duellare con i
vari strumenti tradizionali (flauti, violini, oboe, corni).
Basta ascoltare
la paradisiaca Song Of The Wandering Aengus per
rendersi conto di come Scott abbia finalmente trovato la giusta quadratura al
suono Waterboys, evitando gli scivoloni di strani ed improbabili sound radiofonici
alla A Rock In The Weary Land (2000), ma nemmeno cadendo nella ripetizione di
sè stesso del precedente Book
Of Lightning. La difficoltà di seguire fedelmente la ritmica di poesie
altrui rende inevitabilmente alcuni episodi fin troppo funzionali solo al progetto
(The Hosting Of The Shee, Before
The World Was Made o la teatrale News For
The Delphic Oracle), un difetto difficilmente evitabile in queste operazioni
(ci è caduta anche la Natalie Merchant recente di Leave Your Sleep, progetto davvero
simile nella forma), ma quando Scott trova la giusta sincronia tra melodia e parole,
ne escono piccole gemme come Sweet Dancer,
A Full Moon In March o White
Birds, vale a dire i titoli migliori del loro repertorio dai tempi
di Room To Roam.
Limitati all'essenziale gli azzardi stilistici (il blues
di The Lake Isle Of Innisfree è davvero insolito
per il marchio, ma l'esperimento tutto sommato funziona bene nel contesto), Scott
viaggia sul sicuro su terreni che gli sono congegnali, sempre in bilico tra tradizione
e modernità (Mad As The Mist And Snow, tra
gighe irlandesi e voci filtrate, esalta al massimo questo matrimonio). I tempi
d'oro restano forse lontani, ma sentirli così ispirati è sempre un enorme piacere.
(Nicola Gervasini)