Dieci
anni fa avremmo fatto carte false per avere in mano Mockinbird Time,
il primo album dei Jayhawks con nuovamente Mark Olson in formazione dal
1995 a oggi, ma sono stati proprio loro a rovinarci il piacere di questa reunion.
Prima nel 2003, quando l'altro leader Gary Louris dimostrò a tutti che la sigla
poteva anche resistere senza Mark e la pianista Karen Grotberg (anche lei recuperata
per questa rimpatriata), pubblicando un vero capolavoro come Rainy Day Music,
poi a causa di un deludente e inutile disco a due mani del 2008 (Ready
For The Flood) in cui Olson e Louris confermavano solo di non aver
più molto da dirsi dopo anni di separazione. L'atteso seguito del pluri-osannato
Tomorrow The Green Grass si rivela dunque come una resa per entrambi, costretti
a scendere a compromessi di puro marketing, visto che le loro carriere soliste
appaiono arenate in termini di riscontri commerciali (ma se le opere di Olson
hanno cominciato effettivamente a stancare, Vagabonds
di Louris resta un piccolo sottovalutato gioiellino). Per questo, lasciate da
parte le rispettive pretese autoriali (l'ossessivo country-folk acustico di Olson
e le elaborate orchestrazioni pop di Louris), Mockingbird Time presenta dodici
brani creati secondo la logica del "give the people what they want", dove i rimandi
ai classici della band vincono sull'esigenza di dare una parvenza di evoluzione
del loro sound.
Jingle-jangle byrdsiani (She
Walks In So Many Ways), pop-songs rurali (Close
To Your Side), qualche leggera accelerazione alla ricerca del suono
pienamente country-rock di un tempo (la travolgente High
Water Blues) e, nonostante la ruggine e gli anni che passano, parecchie
nuove melodie che toccano il cuore e le orecchie in maniera vincente (Tiny
Arrows, Hide Your Colors). Sembra
difficile trovare un difetto reale a questo album (forse che il secondo lato non
mantiene l'ottimo livello del primo?), fosse uscito nel 1997, al posto dell'altalenante
Sound Of Lies, sarebbe probabilmente diventato un piccolo classico minore, ma
ascoltate oggi queste canzoni appaiono non tanto brutte, quanto solo in ritardo,
quasi che la loro storia degli anni 2000 abbia reso questo appuntamento semplicemente
evitabile, perché non solo Louris era già andato oltre allo scolastico incedere
della title-track, ma anche lo stesso Tim O'Reagan che qui torna in secondo piano.
Sono probabilmente particolari che interessano chi ancora vuole leggere
la storia di una sigla nel suo insieme, ma quello che appare evidente è che la
band abbia semplicemente cercato di camminare sul sicuro con brani di impatto
immediato, non accorgendosi che su questo terreno (da loro stessi creato vent'anni
fa) oggi si muovono giovani band come i Dawes che, seppur nella loro evidente
derivatività, hanno in canna brani più freschi e meno legati a logiche professionali.
Questi Jayhawks fanno ancora scuola dunque, ma i libri di testo su cui studiare
sono rimasti sulla poltrona di fronte all'Hollywood Town Hall. (Nicola
Gervasini)