Bruce
Cockburn Small Source Of Comfort
[True
North
2011]
Comincia
a tirare aria di casa anche nei dischi del più indomito viaggiatore della musica
folk, una voglia di cercare quella "piccola fonte di comfort" che la vita da reporter
mondiale della sei corde forse non gli ha mai riservato. Small Source Of
Comfort è di fatto il primo album di Bruce Cockburn che non dà
più l'idea di movimento perpetuo, di continua ricerca musicale, di eterna odissea
nelle piaghe del mondo. L'abitudine di documentare data e luogo di scrittura dei
brani continua sempre, ma stavolta il clima generale è quello di un salotto di
casa, di un uomo in pantofole, di un sospiro di sollievo serale dopo una giornata
intensa. Mancava nella discografia di Cockburn un disco del genere, e forse già
questo basta a renderlo necessario, visto che già qualche sperimentazione di You've
Never Seen Everything del 2003 scricchiolava e Life
Short Call Now del 2006 dava l'impressione che il navigante avesse
perso un po' la bussola.
Fedele alla tradizione che vuole molte delle
copertine dei dischi di Cockburn aberranti per grafica e stile, Small Source Of
Comfort è una raccolta di brani molto brevi, non presenta ad esempio quei suoi
tipici lunghi reportage parlati alla Postcards From Cambodia, ma cerca la via
di melodie semplici e immediate come The Iris Of The
World o Call Me Rose (satira politica
che s'immagina un Richard Nixon divenuto donna per riabilitarsi), quasi delle
pop-songs più in linea con la sua produzione anni 80 che con le sue opere più
recenti. E soprattutto è forse il disco dove più che in altre occasioni regna
la sua chitarra acustica, incontrastata, con rarissimi momenti in cui prende il
sopravvento l'elettricità (accade nella bella e bluesata Five
Fifty-One). E' anche l'album dove i testi finiscono spesso in secondo
piano (Boundless però è notevole in tal senso),
dove su 14 brani, ben 5 sono strumentali, e state pur certi che se si dovesse
tagliare il repertorio non sarebbero certo quelli a cui rinuncereste, quanto magari
a qualche inevitabile episodio minore (la faticosa Each
One Lost ad esempio).
Il bellissimo arpeggio in fingerpicking
di Bohemian 3-step, il divertente balletto
con lo splendido violino di Jenny Scheinman di Lois On
The Autobahn e ancor più della trascinante Comets
Of Kandahar, o le atmosfere nordiche di Parnassius
And Fog e Ancestors, sono proprio
in questi titoli senza testi il meglio di questo lotto, il segno forse che ormai
uno dei nostri cantastorie preferiti parla meglio in silenzio e muovendo solo
le dita. Non è un disco importante Small Source Of Confort, è semplicemente il
miglior modo di raccontare la voglia di godersi la propria solitudine, un isolamento
che, secondo quanto dichiarato nelle note dell'album, avrebbe dovuto dar luce
ad un album elettrico e pieno di rumore alla Le Noise di Neil Young, e che invece
si è trasformato in una specie di ritorno al soft-sound dei suoi primissimi album.
E forse è andata meglio così. (Nicola Gervasini)