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The
Baseball Project
Volume 2: High and Inside
[Blue
Rose 2011]
Ci hanno preso gusto e d'altronde il successo del primo volume - sono finiti
anche su Sports Illustrated - aveva in qualche modo anticipato la mossa vincente
del progetto The Baseball Project, sorta di congiura delle migliori menti
del rock'n'roll americano degli ultimi trent'anni. Impossibile forse cogliere
fino in fondo ogni dettaglio di passione che traspare nei racconti del gruppo,
anche perché il legame strettissimo di queste storie con il baseball implica un
interesse per i giocatori, le maglie e le squadre del campionato della World Series,
che al pubblico italiano possono apparire distanti. Resta evidentemente il dato
musicale, ma anche una curiosità che non può non essere soddisfatta leggendo in
controluce la saga di molte vite qui dentro narrate. High and Inside
si inoltra infatti, addirittura con più efficacia rispetto al suo predecessore,
nella descrizione delle carriere a volte tragiche, altre vincenti di personaggi
per buona parte a noi sconosciuti come Reggie Jackson, Roger Clemens, Mark Fidrych
o Carl Mays, quest'ultimo capace di spedire al creatore con un lancio l'unico
giocatore morto direttamente durante una partita della major league.
Ancora
una volta le dettagliate note introduttive ai brani aiutano a decifrare questa
mappa, portandoci in un mondo affascinante: Steve Wynn e Scott McCaughey
si confermano i principali timonieri, sia in qualità di autori sia di interpreti,
anche se un cameo vocale di Linda Pitmon (titolare ovviamente di batteria e percussioni)
compare in Fair Weather Fans e un numero più
consistente di ospiti rende il Volume 2 una sorta di opera corale. Completata
la line up di base con il basso e la dodici corde di Peter Buck (REM),
infatti, sono le presenze di Craig Finn degli Hold Steady (suo l'inno per
gli amati Minnesota Twins nella ruvida tirata elettrica di
Don't Call Them Twinkies), e ancora, fra i tanti, di Ben Gibbard (Death
Cab for the Cutie), Ira Kaplan (Yo La Tengo), Chris Funk (Decemberists, sue molte
parti di banjo, dobro e lap steel) e Steve Berlin (sax indispensabile per la citata
Fair Weather Fans e in The Straw that Stors the Drink,
suo l'organetto farfisa a colorare la caramella sixties di Chin
Music) a trasformare High and Inside nell'occasione giusta per consolidare
amicizie artistiche e magari avvalorare alcune certezze.
Prima fra tutte
quella che un certo mondo "indie", specialmente nato a cavallo fra gli anni '80
e '90, continua a sentirsi debitore di quel crogiuolo di suoni sixties, garage
rock e psichedelia che ne ha sancito una parte della sua fortuna. The Baseball
Project sembrano firmare un patto con il diavolo e conservare quella immacolata
passione: 1976 è una ballata "Steve Wynn"
all'ennesima potenza, la nervosa Panda and the Freak
e il pop variopinto di Ichiro Goes to the Moon
esercizi dello stile sixties di McCaughey, Buckner's
Bolero (dedicata allo sfortunato Bill Buckner) una rilettura da country
cosmico, Pete Rose way un delizioso quadretto
tra jingle jangle byrdsiano e roots che probabilmente molto deve a Peter Buck,
Tony (Boston's Chosen One) una danza tzigana
a tempo rock che finisce nel lato oscuro del songwriting di Wynn. Nulla da recriminare
sull'esito finale: forse non di prima scelta, è pur sempre un ideale compendio
al primo volume, un piacevole calderone musicale in cui lasciarsi cullare. (Fabio
Cerbone) www.myspace.com/thebaseballproject www.bluerose-records.com
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