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Wooden
Wand
Death Seat
[Young
God
2010]
 
Provateci
voi, a stare dietro all'ipertrofia produttiva di James Jackson Toth. L'erratica
creatività di questo (ex?) freak che bagnava i propri lucidi deliri folk nell'acido
dei Vanishing Voice sembrava essersi acquietata con l'approdo a una major e l'uscita
del primo (nonché unico, per ora) disco a suo nome. Waiting
in Vain ci era piaciuto tanto, lo confessiamo: scoprire che le sue
canzoni stavano in piedi anche appese a un folk-rock diretto e modernamente tradizionale,
era stata una delle sorprese più gradite del 2008. Non tutti hanno apprezzato,
però. E così - una storia già vista - la Rykodisc ha rescisso il contratto, la
band lo ha abbandonato a metà del tour, sua moglie se n'è andata. Per non farsi
mancare nulla, è poi arrivato anche un arresto per guida pericolosa. Come esito
immediato di quell'annus horribilis, Toth è tornato quindi a nascondersi dietro
la pristina identità di Wooden Wand, facendo uscire nel 2009 due dischi
(il minimo sindacale, per lui: una collezione di demo rifiutati dalla Rykodisc
e una raccolta di outtakes incise tra il 2002 e il 2007).
A tirarlo fuori
da un destino - già segnato e già vissuto - di bassa fedeltà e autoproduzioni,
è arrivato Michael Gira (Swans e Angels of Light; scopritore, ricordiamolo,
di Devendra Banhart e Akron/Family). Il boss della Young God gli ha chiamato intorno
alcuni musicisti in sintonia con le sue visioni: William Tyler (Silver Jews, Lambchop),
Colleen Kinsella e Caleb Mulkerin dei Fire on Fire, Grasshopper (Mercury Rev),
e altri. Ne è venuto fuori quello che potremmo chiamare il disco "country" di
Wooden Wand. Le ballate di Toth si nutrono dei chiaroscuri tormentati di Johnny
Cash (Death Seat, Sleepwalking
After Midnight) dell'imagerie biblica del Dylan post-elettrico (The
Mountain, I Made You), persino
dello humour disperato di Townes Van Zandt (Tiny Confessions).
Una coltre acustica, intima e tiepida, si srotola ipnoticamente per 42 minuti,
avvolgendo in un'atmosfera "pastorale" la narrazione della linea d'ombra di un'America
irredimibile, perduta tra un Hotel Bar ("A
hotel bar in the sky/Where even your honesty is full of white lies") e i travestiti
di Mr. Mowse ("All the trannies in DC know judo/Don't
you dare snicker at them").
Sono canzoni che ruminano con pacatezza i
soliti accordi, lasciando uno spiraglio aperto al soffio di un'armonica (Until
Wrong Looks Right), intarsi di organo e piano (The
Arc), il lamento di una chitarra elettrica (Servant
to Blues), mandolini, pedal steel, riverberi e armonie spettrali. Le
liriche di Toth sono, al solito, sorprendenti (in Bobby canta: "He painted his
house the colour of skin/So if the situation called for it he could blend in"):
contiguo all'universo di Jeffrey Lee Pierce (Gun Club) o a quello di David Eugene
Edwards dei Sixteen Horsepower (ma meno claustrofobico), il mondo che tratteggiano
è quello dell'eterna rappresentazione di un conflitto irrisolvibile. Bene e male,
dannazione e redenzione, follia e normalità: aggiungete pure altre dicotomie a
piacere... Può sembrare una cosa strana da dire, a chi continua a pubblicare
mediamente una trentina di canzoni nuove ogni anno, ma lo diciamo comunque: "Bentornato".
(Yuri Susanna) www.woodenwand.org www.younggodrecords.com
"Born
Bad" - Wand - Live - 7/24/2009 |