Si dice che i veri songteller come Dylan, Neil Young, Leonard Cohen e Patti
Smith mettano sempre qualcosa di loro e delle loro esperienze di vita nelle canzoni
composte. Ci vuole tanto coraggio a scrivere di sé, della propria vita e raccontare
dei propri dolori, delle profonde ferite subite e dei disagi provati. Questo fa
Mary Gauthier in questa sesta prova, dopo tre anni di silenzio da Between
Daylight and Dark del 2007. The Foundling è il suo primo
concept album (e come tale deve essere ascoltato, seguendo la commovente storia
titolo dopo titolo) composto da dieci canzoni, due interludi e una coda. E' un'opera
autobiografica intima e coraggiosa dove Mary ci racconta con gran profondità di
sé, ci trasmette tutto il dolore provato nell'essere stata abbandonata dalla nascita,
nell'aver passato un anno in un orfanatrofio, nell'essere stata educata dalla
famiglia sbagliata, con un padre alcolizzato e infine della sua fuga (rubando
la macchina al padre) che l'ha condotta nel music business, portandola sull'altare
dell'alternative country americano.
Ma prima di tutto ciò ha dovuto fare
i conti con abusi di alcool e droghe, con giorni passati in veri squatters e addirittura
in cella (dove ha passato il suo diciottesimo compleanno) facendo lavori di tutti
i tipi e aprendo anche un ristorante cajun. Questa è la sua storia; la storia
personale di Mary Gauthier. Per registrare The Foundling Mary Gauthier ha deciso
di spostarsi a Toronto, alla corte di Michael Timmins (Cowboy Junkies).
Il suo tocco magico si sente e, a tratti, il sound sembra lo stesso uscito da
quella magica chiesa della Santa Trinità dove fu registrato Trinity Sessions.
Michael ha chiamato con sé anche la sorella Margo come backing vocalist e un nugolo
di musicisti locali ben rodati, che danno all'album quell'incipt intimista acustico
e raccolto. Nell'album c'é del folk, del country, del bluegrass, del gospel e
soprattutto c'e' la sua Voce, bluesy macchiata di bourbon e whisky. La title track
è commovente e comincia con un urlo di dolore: The Foundling prosegue con ritmo
sincopato dall'incedere sofferto, con quella fisarmonica e quel violino dal sapore
gypsy che accompagnano la sua suadente voce. La struggente Mama
Here, Mama Gone scorre malinconica sulla linea di un violino e di un
accordieon. La dolceamara Goodbye, dal passo
bluegrass, è densa di romanticismo e racconta della fuga dalla famiglia adottiva.
Sideshow raggiunge l'apice della raccolta
con un sound dixieland dai ritmi swingati con tanto di trombone che ricorda la
migliore Gillian Welch. Blood is Blood è levigata
dal suono di un violino elettrificato e di una chitarra distorta che sembra una
lama affilata e tagliente.
March 11, 1962
(stesso mese dell'uscita del primo album di Dylan) é la data dell'abbandono e
racconta della chiamata fatta alla vera madre (ritrovata dopo 40 anni) e del suo
rifiuto ad incontrarla. Un boccone amaro da mandare giù e una cosa che non tutti
avrebbero il coraggio di fare. Lunga e affascinante è un'altra perla di quest'album.
In Walk In The Water si sente Margo Timmins
duettare con Mary e quest'ultima ci trasmette tutto il dolore a sentirsi sola
al mondo, contro tutto e tutti. Sweet words
e The Orphan King scorrono via in maniera
pigra e rilassata, senza grandi sussulti. In Another
Day Borrowed Mary accetta la cruda realtà e ringrazia sua madre e i
genitori adottivi che l'hanno amata nel "loro" miglior modo possibile. E' stata
una strada lunga e sofferta quella della Gauthier, ma ora si sente a posto e contenta
per quello che è riuscita a diventare. Carica di pathos e poesia con un bell'hammond
e la voce di Margo ad arricchire il brano. Un disco di "terribile" bellezza,
sofferto e molto intenso, che non vi "abbandonerà" facilmente. (Emilio
Mera)