Tutto nasce nel 2008, durante un incontro che fu fatale al "Festival
of the Desert" di Essakane, nel Mali: da mondi lontani, ma con linguaggi
musicali che sembrano avere una comune radice in quel groviglio di accordi blues
passati di mano fra i continenti, il progetto Dirtmusic (l'omonimo esordio
nel 2007) prende una via traversa e si bagna nelle acque di quella magica cultura.
Un'epifania, un battesimo, così lo definisce Chirs Eckman, già voce dei
Walkabouts e animatore della creatura Dirtmusic con la partecipazione attiva di
Chris Brokaw e Hugo Race (ex Bad Seeds), come dire una linea sottile
che unisce il folk rock e l'indie più scuro e intenso degli ultimi due decenni.
Dalle comuni esperienze di confine con il senso della tradizione e il suo volto
più misterioso, la musica dei Dirtmusic acquisisce infine la spiritualità che
è propria della storia locale: BKO, abbreviazione per Bamako Airport,
nella capitale del Mali, è il sunto di una celebrazione avvenuta con la naturale
spontaneità negli studi Bogolan, esattamente là dove l'ultimo Ali Farka Touré
ha lasciato un segno prima di dare in eredità la sua arte.
Fianco a
fianco con la stella nascente dei Tamikrest, nuova sensazione della musica
Touareg guidata dalla voce di Ousmane Ag Mossa, la magia della registrazione si
è trasformata in uno scambio di percezioni in cui il concetto di desert rock dei
Dirtmusic si è compenetrato con il canto ancestrale del blues africano o di quello
che ne è rimasto. Un'osmosi che ha funzionato proprio grazie alla semplicità
con cui i musicisti locali hanno saputo assimilare il patrimonio di Eckman e soci:
non è un disco che ribalta e rinnega la strada dalla quale i Dirtmusic sono giunti,
semmai la arricchisce di sfumature e lascia intendere che vi siano inediti percorsi
da scoprire fra i lontani continenti. Come i Velvet Underground rivisitati da
una trascinante vitalità in All Tomorrow's Parties
(la voce africana è di Fadimata Walet Oumar), o ancora il blues dalle tinte nere
di Eckman e Hugo Race che in Black Gravity
si trasfigura in un canto primigenio e sinuoso, mentre
Ready for the Sign e Desert Wind
diventano un campo per sperimentare le sensuali ritmiche dei Tamikrest.
Nell'affascinante tragitto capita a volte che la matrice rock e il retaggio occidentale
siano più forti e strettamemte ancorati al passato (la vibrante elttricità di
Lives We Did Not Live, una rarefatta Collisions),
ma le presenze degli ospiti, tra cui la Symmetric Orchestra di Toumani Diabate
e la chitarre di Lobi Traoré, ci ricordano il senso ultimo da cui è sorto questo
viaggio: il sinistro incedere di Smokin Bowl,
il magnifico strumentale Niger Sundown e ancora
la conclusiva Bring It Home, dolcissima ballata
folk che sembra tornare al retaggio dei Walkabouts di Eckman, sono un prezioso
contributo alla riuscita di BKO, un equilibrio quasi perfetto. (Fabio Cerbone)
L'edizione in cd (versione disponibile anche in vinile 180 grammi) è
pubblicata insieme ad un documentario in DVD oltre a 3 video e ben quattro brani
inediti