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Israel
Nash Gripka
New York Town
[Israel
Nash Gripka 2009]
Lo skyline è inconfondibile: sotto un cielo dorato si stagliano
i grattacieli di New York e il Brooklyn Bridge, mentre un ragazzo imbraccia
la sua Gibson J-200 sulla riva del fiume. L'immagine rimanda a qualcosa
di familiare, la musica rincara la dose e mette Israel Nash Gripka,
songwriter del Midwest partito in cerca di fortuna nella immensa metropoli,
con le spalle al muro: le sue ballate bluastre che si tingono di folk
rock e alternative country verranno subito accusate di una dipendenza
forte (e probabilmente necessaria) dalle regole imposte da Ryan Adams
in queste stagioni. E' lui inevitabilemnbte il metro di paragone, non
solo per Israel Nash Gripka va detto, ma quando l'ispirazione è
alla luce del sole, limpida e sostenuta da canzoni rotonde e passionali,
allora ogni recriminazione è lavata via dall'onestà e dalla
promessa di crescere. New York Town è una passerella
abbastanza brillante da collocare il nome di Gripka fra i talenti più
interessanti di questo 2009, nell'attesa che le sue pene d'amore, le sue
confessioni accorate acquistino un suono più personale.
Nel frattempo abbiamo da goderci un disco per nulla raffazonato nella
sua produzione indipendente (Jimi Zhivago, anche puntuale chitarra
d'appoggio), semmai perfetto nel disegnare morbide curve, mid tempo che
mettono insieme un suono elettro-acustico pieno e coinvolgente in cui
un organo, un banjo, una pedal steel (Rich Hinman), una seconda voce femminile
(Fiona McBain) di tanto in tanto completano un quadro che si mantiene
sui colori tenui, seppiati di un rock cantautorale da strade blu, sempre
loro all'orizzonte: in Evening si
sobbalza sulle cadenze della più recente tradizione (quella che
è ormai diventata) alternative country; Let
It Go è dolce e straziante al tempo stesso come poteva
esserlo il Ryan Adams degli esordi di Heartbreaker, un ombra che si allunga
minacciosa su Pray For Rain, armonica
e baldanza pop che rimanda a Firecracker e New York (stavano su Gold,
guarda caso). Tra una suggestione e un richiamo, Israel Nash Gripka si
ritaglia il suo angolo: ha una voce imprecisa, persino eccessiva nel suo
trasporto emotivo (You Were Right),
ma sputa personalità e coraggio. Tanto basta per farsi trascinare
nei vortici struggenti di Bricks,
nei chiaroscuri di Confess, scivolando
nelle maglie di ballate soulful (Either Way),
magari un po' furbesche eppure narrate senza filtri.
Strada facendo si ha la netta
impressione che Gripka trovi la giusta frequenza d'onda, la possibilità
di mostrarsi come l'ultimo dei rinnegati troubadour sbucato dal Midwest
(la sua briografia è generica e un poco misteriosa come si conviene
ad un ragazzo in cerca di un briciolo di pubblicità): Let
Me Down ha la scarpe sporche della terra d'origine, America
profonda, Don't Run e Pink
Long-Stem Rose sfoggiano la steel e il cuore di un moderno country
singer diviso fra campagna e città, prima che Beautiful
(solo voce e piano) abbandoni quella banchina lungo il fiume, lasciando
che i muri di New York Town si dissolvano in lontananza
(Fabio Cerbone)
www.israelgripka.com
www.myspace.com/israelgripka
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