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The
Farmers
Fulmination
[Furrow
of Love Recordings 2009]
C'erano una volta i Beat Farmers, "avanguardia" del cosidetto rock delle
radici che fu, come un tempo si usava declinare il contemporaneo stile
Americana. Altre storie, altre generazioni alle prese con il passato da
rivitalizzare: la California dei primi anni 80 era una specie di campo
aperto e fra "racconti dal nuovo West" e vecchi furgoni lanciati a rotta
di collo sull'autostrada del rock'n'roll, i sobborghi di Los Angeles (e
di San Diego, luogo di origine dei nostri) si riempivano di nomi nuovi
ed eccitanti. Sono trascorsi quasi tre decenni, i Blasters si riformano
di tanto in tanto per un tour, i Los Lobos tengono duro, gli altri hanno
carriere soliste, ma pare che Jerry Raney non voglia mollare il
colpo. Nel frattempo i vecchi compagni lo hanno lasciato solo: Country
Dick Montana è stato il primo a fare i bagagli per l'altro mondo, come
era logico attendersi visto il suo carattere selviaggio, lo sfortunato
Buddy Blue lo ha seguito in anni recenti ed oggi il "beat" è
scomparso per lasciare posto ai soli Farmers.
Fulmination rimette insieme i pezzi di una rock'n'roll band
che di fatto non esiste più, grazie al basso di Chris Sullivan e alla
batteria di Joel Bongo Kmack, più la presenza al canto di Corbin Turner
ad affiancare il solo Rainey. Non è esattamente la stessa cosa, si sarà
capito, ma spazi di manovra potevano ancora esserci. Invece Fulmination
è una raccolta sbiadita e raffazzonata di rock blues tagliati con l'accetta,
rock'n'roll fatto in cantina si, ma con le idee lasciate chissà dove,
avanti a tentoni e speriamo di salvarci la pelle. Il produttore Sven-Erik
Seaholm aggiunge una tastiera quando occorre, chiama a raccolta un
violino e un accordion, prova insomma a inventarsi un diversivo, ma da
East Country Woman alle rocciose
Flyin' Man e Mr.
Dynamite, fra il suono pulp e imbottito di riverberi di Come
over here e il pigro roots rock che spinge a fatica il motore
di Walkin' Back to lakeside, i Farmers
annaspano in un mare di canzoni mediocri.
Mexicali Night dovrebbe spezzare l'atmosfera
pesante, ma si risolve in una pallida imitazione (compresa la voce) di
certe bislacche sortite del compianto Dick Montana, per riprendere in
fretta la strada di un rock tutto nervi (l'inutile strumentale Cantaloupe
moon, e ancora It's Coming)
che a detta dei Farmers dovrebbe ispirarsi a Bo Diddley, Creedence e Yardbirds
ma finisce per assomigliare soltanto ad una parodia tutta ritmo, sudore
e birre al bancone del bar (l'insulsa Aw Man,
C'mon! nel finale, davvero imbarazzante). Spiace in fondo vedere
scivolare il nome di Rainey e dei Beat farmers in questa pantomima, anche
perché non saranno mai stati dei fuoriclasse, ma avevano passione e coraggio
dalla loro parte: qui c'è solo l'esigenza di tirare a campare.
(Fabio Cerbone)
www.thefarmersmusic.com
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