|
Gary
Louris
Vagabonds
[Ryko/Audioglobe
2008]
Messa in soffitta l'eperienza con i Jayhwaks - quanto più o meno definitivamente
è ancora tutto da stabilire, visto che è ormai ufficiale la notizia di
una imminenete collaborazione a quattro mani con il vecchio pard Mark
Olson - Gary Louris ha pensato bene di spiccare il volo solista,
dedicandosi con passione e parsimonia alle sue canzoni. Quanto il suo
ruolo fosse centrale nella seconda incarnazione della band non è affatto
un mistero: la fuoriuscita di Olson gli aveva naturalmente concesso lo
scettro di principale songwriter, conducendo la band fra alti e bassi,
fra radici country rock e nuovi slanci pop, ritornando infine a nuova
vita grazie alla sintesi di Rainy Day Music, licenziato dalla Lost Highway
nel 2003. Nel frattempo sono stati portati avanti parecchi diversivi,
alcune produzioni (con i Sadies) e buon ultima l'avventura niente affatto
marginale dei Golden Smog, nella quale Louris ha sempre donato un contributo
non indifferente in termini di scrittura.
Vagabonds è tuttavia il primo tentativo di rischiare in proprio,
di mettere sulla bilancia un songwriting inconfondibile nello stile, che
tuttavia aveva forse bisogno di confrontarsi con altri musicisti ed altre
idee al di fuori degli stessi Jayhawks. Per questo motivo il debutto in
casa Ryko è stato concepito con tutte le attenzioni del caso, circondandosi
di amici di lunga data, eppure tutti al di fuori delle frequentazioni
a cui si accennava in precedenza. Consegnatosi alle cure produttive di
Chris Robinson (Black Crowes), Louris si è visto recapitare nuove
leve del folk rock califnorniano alle sue spalle: nella band di studio
appaiono infatti le chitarre e il basso di Jonathan Wilson, la steel dell'ottimo
Joshua Grange (Dwight Yoakam, Chuck E Weiss), la batteria di Otto
Hauser (Vetiver, Espers), le tastiere di Adam MacDougal (Macey
Gray), musicisti affini per sensibilità e radici musicali, insomma il
sostegno migliore per assecondare le canzoni del protagonista. Queste
ultime restano impastate di anni '70, di sapori West Coast e "country
cosmico", di un pop sensibile e colto che tocca una scrittura dolcemente
malinconica e introspettiva, le armi che hanno da sempre reso indentificabile
la voce di Louris.
La distanza dai Jayhawks non è dunque siderale, semmai esiste in Vagabonds
una continuità, un ricorrersi reciproco che rende brani quali la sognate
ballata True Blue o il walzer country di She
Only Calls Me on Sundays un piacevole aggiornamento del passato.
Potrebbe allora trattarsi di un temibile dejà vù, ma la classe cristallina
che sfoggiano episodi come Omaha Nights,
con quella tersa slide guitar a dettarne le ambientazioni, la filastrocca
To Die a Happy Man e la sua inaspettata
coda in odore gospel (fra le voci del così denominato "Laurel Canyon Family
Choir si rinvengono Jenny Lewis, Jonathan Rice, lo stesso Chris
Robinson e Susanna Hoffs), l'altrettanto avvolgente e corale We'll
get By, sono tutte dimostrazioni di una sicurezza dei propri
mezzi, quella che reso Louris fra i migliori custodi e traghettatori moderni
di una certa tradizione rock americana. L'eredità di Gram Parsons, della
West Coast più sognate di Stephen Stills e David Crosby (basterebbero
Black Glass e la stessa Vagabonds)
sono riviste senza complessi di inferiorità e soprattutto senza la paura
di risultare unicamente una brutta copia o peggio un groviglio di ricordi
e nostalgia. C'è troppa grazia nelle pennellate acustiche di D.C.
Blues e nell'esuberanza pop incantata, con una punta di psichedelia,
di I Wanna Get High, per relegare
Gary Louris fra i semplici nostalgici: è piuttosto un colto e sensibile
continuatore della memoria dell'American Music.
(Fabio Cerbone)
www.garylourismusic.com
www.myspace.com/garylouris
|